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Nel 2004 il regista Felice Farina girò “La fisica dell’acqua”, ma a riprese ultimate la casa di produzione fallì lasciando l’opera in un limbo paradossale che rischiava di portare la pellicola direttamente nel buio di un archivio. A distanza di sei anni grazie al supporto del movimento di lavoratori del cinema “100Autori” e all’intervento della Iris, piccola e giovane distribuzione, il film arriva finalmente in sala. “La fisica dell’acqua” è un’opera insolita per la cinematografia italiana, è un thriller psicologico che collega passato e presente attraverso incubi e ricordi. La figura chiave è quella del piccolo Alessandro, sette anni, che vive con la giovane madre Giulia in una grande casa di periferia che affaccia sul lago; il padre è morto per un incidente quando lui aveva poco più di un anno. Nella loro vita ritorna, il giorno del compleanno di Alessandro, lo zio Claudio che ha abitato in quella casa fino alla morte del fratello. L’arrivo di questa figura sconvolge il bambino che comincia ad avere allucinazioni e pensieri strani, sempre con l’acqua a mettergli paura e a dargli la sensazione di affogare. Ma c’è un trauma che ha vissuto negli anni infantili a giustificare il suo stato, e ciò che sembra frutto della fantasia generata da fobie non è altro che l’angoscia di quel ricordo che continua a tormentarlo e da cui deve liberarsi. Il prologo del film è la sua fine: il bambino, dopo un evento tragico, comincia a parlare con un uomo che gli dice di essere il commissario, e una volta conquistata la sua fiducia fa raccontare ad Alessandro quello che è successo negli ultimi mesi…ma anche a fargli svelare quel trauma vissuto a poco più di un anno. È stata davvero una piacevole sorpresa “La fisica dell’acqua” : scritto molto bene e girato ancora meglio, il film crea tensione senza eccedere in futili colpi di scena ma unendo le situazioni ansiogene dell’ambito psicologico alla forza visiva di particolari che sgomentano più che impaurire. Farina ha scelto di non seguire la continuità narrativa facendo raccontare al piccolo protagonista eventi già vissuti, e la capacità di non appesantire la fluidità della visione in tal modo è merito di una messinscena essenziale perché si fonda su pochi elementi, su quattro personaggi principali, su circostanze decisive per la trama che vengono chiarite solo alla fine lasciando allo spettatore la possibilità di fare congetture. L’utilizzo dell’acqua è molto significativo e affascinante e inquietante allo stesso tempo, sia che la si mostri filtrare da sotto la porta sia che la si evochi come un “blob” trasparente nell’ombra che prende vita su una parete in piena notte; in ogni caso l’acqua viene resa a tutti gli effetti protagonista della storia anche come confine, barriera psicologica che Alessandro vede e sente per liberarsi dai suoi incubi. Parlando del personaggio di Alessandro va menzionata la bravura del piccolo Lorenzo Vavassori per un’interpretazione tutt’altro che semplice per un bambino, visto l’intricata e traumatica vicenda che si racconta; lo hanno senz’altro aiutato in questa prova attori navigati come Stefano Dionisi, Claudio Amendola e una sempre più convincente Paola Cortellesi. “La fisica dell’acqua” è un buon film che ha rischiato di non essere mai visto nei cinema; e, anche se l’argomento per la sua importanza vale la pena di esser trattato in maniera più approfondita, mi va di sottolineare che è stato finanziato dallo Stato italiano, da soldi pubblici, e la vera vergogna non è il denaro stanziato ma nell’assoluta negligenza delle Istituzioni che una volta distribuiti determinati fondi per investire sulla cultura, su opere artistiche, si disinteressano totalmente della loro visibilità e del percorso successivo alla produzione, non preoccupandosi per nulla del risultato finale e rendendo di conseguenza questi fondi un’elargizione solidale più che un investimento progettuale e ragionato.
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