Le notti di Reykjavík. I casi dell'ispettore Erlendur Sveinsson. Vol. 11

Il libro, pubblicato insieme ad altri solo adesso in Italia, ma in realtà tra i primi in ordine cronologico - infatti incontriamo qui un Erlendur alle prese con turni di notte da poliziotto municipale, intento ad arrestare ladri o ubriachi molesti, a sedare risse, mentre lo avevamo conosciuto come agente della sezione investigativa - ha un inizio lento. Erlendur si aggira nel mondo dei senzatetto dediti all'abuso di alcool: non accade nulla di più di qualche fermo, a volte un arresto, che in realtà nasconde, pietosamente, una forma di ospitalità, tesa a dare un alloggio caldo in gattabuia a chi vive per strada. Poi però si imbatte in una morte, che ha l'apparenza di essere un incidente, e in un caso di scomparsa, irrisolto fino a quel momento, dato che non è stato mai ritrovato alcun cadavere. E qualcosa comincia a muoversi in modo diverso nella routine dei giorni che scorrono uguali. Noi lettori che seguiamo Erlendur da tempo, sappiamo quanto sia sensibile ai casi di scomparsa, perciò non ci fa meraviglia vederlo infrangere le regole e andare oltre il suo ruolo, per cercare di capire cosa ci sia dietro questa morte e questa scomparsa. Nel frattempo capitano delle cose nella vita privata dell'agente, ma sembrano avere poca importanza: c'è, per esempio, una donna che frequenta da un paio d'anni, con cui ha un rapporto sereno, ma quasi a distanza, per così dire; qualcosa di più significativo succede con lei, nondimeno rimane sullo sfondo: perché Erlendur mette tra sé e gli altri una sorta di cortina di separazione. Eppure vive di sentimenti quest' uomo impassibile: lo animano il senso di giustizia, la volontà di dare pace alle vittime e ai loro cari, l'attenzione, la pietà. Ma sembra che, oltre questo, non abbia da concedersi null'altro, quasi come se sentisse di non averne diritto. Pazientemente, mentre svolge il suo lavoro di routine, continua ad indagare, riflette, incontra, cerca ragioni. E la sua costante, calma ma implacabile tenacia, arriverà a svelare, a restituire ricordi e rimpianti. Il suggello del romanzo, con l'ultima immagine che ancora una volta ci mette in contatto con l'umanità di Erlendur, mi ha fatto pensare che qualcosa mi era rimasto dentro e che quella lentezza all'inizio per me un po' respingente, non era pigra accettazione della vita, ma un movimento costante di chi cerca un senso nella vita: se non per sé, almeno per gli altri.

Grande Indridanson: ti immerge nell'atmosfera islandese e ti trascina. La trama non è un pretesto, ma ha una sua ragione vera. Qui il giovane Erlendur, ancora alla stradale, muove i suoi primi passi da investigatore e -inconsapevole delle conseguenze- cade nella rete del ricatto affettivo.