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Carte in tavola - Agatha Christie - copertina
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Carte in tavola

Dettagli

3
2003
Tascabile
1 gennaio 2003
210 p.
9788804508540

Valutazioni e recensioni

michele dentoni
Recensioni: 5/5

Terzo dei libri scritti nel 1936, Carte in tavola è uno dei romanzi che vede come protagonista Hercule Poirot, stavolta affiancato nelle indagini da ben tre collaboratori: il sovrintendente Battle di Scotland Yard, il colonnello Race dei servizi segreti e la scrittrice di gialli Ariadne Oliver. Nonostante il libro mi sia piaciuto e mi abbia intrattenuto piacevolmente, non posso dire che sia uno dei miei preferiti della scrittrice inglese, proprio per quello che a me è sembrato uno sfoggio di "eccezionalità": a un certo punto ho avuto come l'impressione che lo scopo fosse unicamente quello di confondere il lettore

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Fabiola Galati
Recensioni: 3/5

Terzo dei libri scritti nel 1936, "Carte in tavola" è uno dei romanzi che vede come protagonista Hercule Poirot, stavolta affiancato nelle indagini da ben tre collaboratori: il sovrintendente Battle di Scotland Yard, il colonnello Race dei servizi segreti e la scrittrice di gialli Ariadne Oliver. Il libro si apre con l'incontro fra Poirot e il mefistofelico (aggettivo che si ripete più volte diventando quasi un appellativo) Shaitana, un uomo ricco, dall'apparenza misteriosa e financo sottilmente pericolosa, che colleziona rarità. Egli, vantandosi con Poirot, lo invita a cena, facendogli una strana promessa: Shaitana infatti dichiara di poter mostrare all'investigatore belga una stranissima "collezione"... una collezione di criminali, non criminali qualunque - beninteso! -, bensì uomini che hanno commesso delitti perfetti in passato e non sono mai stati scoperti. Poirot è impressionato e dice a Shaitana di avere un cattivo presentimento, ma ciononostante accetta comunque l'invito, recandosi a cena nel giorno prestabilito. Shaitana escluso, gli ospiti saranno otto: Poirot e i tre "colleghi" sopracitati, il dottor Roberts (medico), la signora Lorrimer (elegante signora sui sessant'anni), il maggiore Despard (un esploratore) e la giovane Anne Meredith (una specie di dama da compagnia). Dopo cena, Shaitana porta i suoi ospiti in due camere da gioco separate per giocare a bridge, predisponendo il tutto in modo che i quattro "segugi" giochino insieme in una stanza e quelli che egli afferma siano i quattro "assassini" nell'altra; egli, infine, prende posto su una poltrona vicino al caminetto nella stessa stanza dei presunti criminali. La brutta sensazione di Poirot si rivela fondata: verso la fine della serata, l'investigatore e Race trovano il mefistofelico anfitrione morto, pugnalato con un'arma da lui stesso posseduta. A questo punto Battle prende in mano le redini della situazione e chiama a parte in una stanza Poirot, Race e la Oliver; Poirot rivela loro le precedenti "confidenze" di Shaitana e così cominciano gli interrogatori, da principio infruttuosi. Tutti negano ovviamente di essere colpevoli dell'omicidio e il caso si presenta subito di difficile risoluzione, dal momento che l'assassino ha rischiato di poter essere visto dagli altri tre presenti e, nonostante tutto, è riuscito nel suo intento. L'unica strada che i segugi possono seguire è quella di fare ricerche sul passato dei quattro indiziati, cercando di scoprire quei crimini che Shaitana asseriva di conoscere, in modo da trovare somiglianze col delitto presente e il legame dell'assassino con Shaitana. Poirot, inoltre, con l'aiuto di quattro cartoncini segnapunti utilizzati poco prima dagli indiziati, cerca di analizzarne la loro psicologia; tenta di scoprire - inserendosi negli interrogatori di Battle - che tipo di giocatori di bridge siano e, da questi miseri punti di partenza, ricostruire il caso. Qui mi fermo, perché ogni altra parola sulla trama sarebbe per forza di cose uno spoiler. Il romanzo è, infatti, costellato di continui colpi di scena, il colpevole sembra essere di volta in volta qualcuno diverso fra i quattro e queste indecisioni, questi mille dubbi rimarranno vivi fino alla fine del libro, dove Poirot rivelerà il vero assassino. La sua identità è scontata o imprevista? Entrambe. La Christie sapeva scrivere le sue trame e sapeva giocare coi suoi personaggi. In questa particolare circostanza, si viene avvertiti sin da subito che questo caso può essere risolto solo con un approccio di tipo psicologico: non vi sono indizi e l'assassino è necessariamente uno dei quattro, nessun altro. "Carte in tavola" è forse uno dei libri dove maggiormente le teorie e i metodi di Poirot trovano un'applicazione concreta, facendone un uso totalizzante: bisogna procedere con ordine e metodo, far lavorare freneticamente le celluline grigie, scartare le opzioni impossibili senza lasciarsi prendere da sentimentalismi, analizzare le personalità, dare peso a ogni atteggiamento e modo di fare, ricorrere finanche a trucchetti per confermare piccoli sospetti, usare la carta dello straniero per confondere e far rilassare le persone e parlare, parlare, parlare. Parlare fino a spettegolare, attaccare bottone con chiunque possa fornire anche quelli che sono inizialmente considerati dettagli sciocchi o insulsi, per poi riordinare le idee con criterio e venire a capo del dilemma. Poirot crede che l'assassinio sia un'abitudine, che, una volta avvenuto il primo, la storia si ripeterà con ciclicità e che ogni assassino uccida in modo "coerente" al suo carattere: alcune circostanze non potranno corrispondere mai a un certo tipo di caratteristiche comportamentali, quindi bisogna trovare movente, possibilità e "compatibilità". La scrittura della Christie è come al solito schietta, molto "inglese", scevra di fronzoli e abbellimenti, assolutamente d'effetto, con personaggi sempre ottimamente delineati; è un piacere, ogni volta, leggere un suo scritto. Il finale si può quasi definire rocambolesco: è un susseguirsi veloce di colpi di scena, dove il lettore pare venga preso continuamente "in giro" perché, quando sembra che si sia finalmente giunti alla conclusione, ecco che la Christie mischia di nuovo le carte in tavola e le cose assumono d'un tratto un aspetto differente - fino all'inevitabile epilogo. Nonostante il libro mi sia piaciuto e mi abbia intrattenuto piacevolmente, non posso dire che sia uno dei miei preferiti della scrittrice inglese, proprio per quello che a me è sembrato uno sfoggio di "eccezionalità": a un certo punto ho avuto come l'impressione che lo scopo fosse unicamente quello di confondere il lettore per poi arrivare alla risoluzione più facile. Intendiamoci, Agatha riesce sempre a prendere in giro il lettore in qualche modo, anche solo con un dettaglio (magari si riesce a indovinare l'assassino, ma bisogna aspettare ch'ella metta insieme tutti i tasselli e dia la spiegazione completa), ma stavolta l'ho percepito come un qualcosa di più palese che non mi ha entusiasmato. Ovviamente, però, consigliato!

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Agatha Christie

1890, Torquay (Devonshire)

Pseudonimo di Agatha Mary Clarissa Miller. Scrittrice inglese. Di famiglia agiata, viene educata privatamente. Ancora bambina scrive racconti e poesie; alcune di queste vengono pubblicate nel 1908 in «Poetry Review». Nel 1914 sposa Archibald Christie dal quale divorzia nel 1928. Il genere letterario con cui raggiunge il successo in campo internazionale è il romanzo poliziesco. I suoi detective, tra i quali primeggiano Hercule Poirot (che compare per la prima volta in Poirot a Styles Court, 1920) e Miss Jane Marple (che compare per la prima volta in una serie di racconti apparsi in rivista e raccolti nel 1932 in l tredici problemi e che diventa per la prima volta protagonista di un romanzo in La morte nel villaggio nel 1930), sono entrambi abilissimi nel risolvere i...

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