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Catalogare, descrivere, ordinare e recensire le opere di Charles Bukowski è sempre stata impresa ardua. Difficile per tanti motivi; molti dovuti ad aspetti filologici, altri dovuti a un certo “provincialismo” degli accademici che hanno sempre giudicato con una certa superficialità le opere di scrittori e poeti “anti-accademici” dal punto di vista formale e contenutistico. Ma la realtà dei fatti è che Bukowski è stato un vero genio della poesia e della letteratura del ‘900. Egli è stato uno dei grandi innovatori della poetica e della narrativa degli ultimi cent’anni. Un innovatore senza aver sostanzialmente rinnovato il linguaggio e lo stile narrativo, in quello fu preceduto da Henry Miller. È stato innovatore senza rivoluzionare i contenuti con la sua opera, in quello è stato preceduto dai poeti e dagli scrittori della Beat Generation-che lui ha sempre odiato-e anche da Dostoevskij-scrittore sempre amato e venerato da Bukowski. La vera novità che lo scrittore americano ha portato nella letteratura contemporanea è-così come disse Beniamino Placido-egli stesso, la sua figura di emarginato e diseredato. Figura che egli stesso è riuscito a trasmettere, descrivere, raccontare, narrativizzare e poeticizzare nelle sue opere. In tutti i suoi racconti, poesie e romanzi Bukowski ha sempre raccontato se stesso e il suo mondo fatto di sbronze in Bar di quarto ordine, scommesse ai cavalli, rapporti sessuali consumati in ogni modo e con ogni donna. Il tutto reso romantico. Bukowski ci racconta-tramite la figura dello scrittore, o del suo alter ego Henry Chinasky-un mondo che l’Occidente, soprattutto gli Stati Uniti, fa finta che non esista. Un universo che rappresenta l’altra faccia-oppure la vera faccia-del “sogno americano”. Gli episodi che Hank (nomignolo con cui veniva chiamato lo scrittore) sono per lo più risalenti ai suoi anni giovanili, quelli in cui egli si diede alla vita randagia. E quando Bukowski arrivò al successo ci trovavamo già negli anni ’70, quando lo scrittore/poeta aveva già compiuto i cinquant'anni di età. Quindi egli non ha fatto altro che-dal 1972 al 1994, anno in cui morì-che ripercorrere la sua vita a ritroso, con molto materiale che era stato disperso. Ora questo materiale, che lo scrittore aveva composto tra gli anni ’40 e i primi anni ’60, è stato ritrovato e messo insieme dalla Sugargo Edizioni, che propone una trilogia delle migliori poesie giovanili bukowskiane. La trilogia è composta da Notte Imbecille, Non c’è Niente da Ridere e da Nato per Rubare Rose. La Raccolta Nato per Rubare Rose ci mostra un Bukowski a tratti inedito. In questa bellissima raccolta lo scrittore cinico e “perverso” di Taccuino di un Vecchio Sporcaccione fa spazio a quella che è la vera essenza dello scrittore/poeta: quella triste, disillusa, romantica, ma anche ironica e sarcastica. Una raccolta di poesie che ci mostrano il giovane Bukowski che prende consapevolezza della crudeltà e dell’indifferenza della cosiddetta “società ufficiale”, come narra nella poesia Mentre Giacevo Morente. Un poeta che nonostante la giovane età aveva già capito gli inganni, l’ambiguità, l’astrattezza e i pericoli dell’alta finanza, cosa ben narrata nella poesia Down Jones: giù. Ma non mancano gli stilemi che contraddistingueranno il Bukowski che verrà da metà anni ’70 in poi, ossia quello cinico ma-allo stesso tempo-ironico e “depravato”, ne sono una dimostrazione le due poesie Mi vengono a trovare un editore e un poeta e Le ragazze messicane. Nato per Rubare Rose è una raccolta di poesie che consiglio a tutti quelli che hanno già letto le opere di Bukowski, ma che vogliono capire meglio l’essenza di uno scrittore e poeta che ha messo, in modo allegorico ma anche diretto ed esistenzialista, tutto se stesso nelle sue opere. Ma mi sento di consigliare il volume della Sugargo anche a tutti quelli che non hanno mai letto niente di Hank; lo consiglio perché ci si troverà di fronte a poesie di rara bellezza ed attualità. Una raccolta per avvicinarci a uno scrittore/poeta che è stato uno dei più veri e grandi del ‘900.
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