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Lo stile, le combinazioni lessicali, il potere immaginativo e la passione coinvolgente sottesa ad ogni singolo verso, fanno della poesia di Claudio Pozzani un capolavoro di emozioni autentiche e vibranti. Impossibile restare indifferenti di fronte al richiamo affettivo che le liriche dedicate ai genitori, esprimono. Il “galoppo nel cuore” (Vengo a portarti una poesia di Neruda) accompagna il lettore attraverso ciò che si configura come un racconto lirico, autobiografico, sollecitandone la commozione, i sentimenti nostalgici, il pianto dirotto a cui risulta difficile sfuggire quando si legge, fra le altre, A MIA MADRE. Posta ad apertura della raccolta, essa procura una sorta di regressus ad uterum, tanto risulta vivida la dimensione del desiderio di restare nel grembo materno pur gioiendo del venire al mondo e finalmente vedere il volto di lei. Una commozione di rara intensità prende il lettore avvincendolo al viaggio che dalla nascita fino all’attualità il poeta Claudio Pozzani sta compiendo. La tessitura di ciascun testo palpita. Non è una poesia eterea, aleggiante come un’entità astratta sul fondo di qualche sporadico sussulto. É una poesia di carne e sangue. Un corpo vivente ed una memoria epica. Impressiona la varietà lessicale e la creatività dell’autore che scolpisce, fotografa, dipinge, intaglia figure e amori, volti e umori, in situazioni quotidiane che assurgono a momenti di straordinaria esperienza. In Pozzani la sensualità è piena. Il suo essere desiderante gli fa “scorrere la mano lungo i fianchi”, parafrasando un verso sublime di INGRANAGGI CARNALI, di una donna ritrattata per ellissi; il corpo, la pelle, le ciglia, il petto. Presenza femminile di montaliana e petrarchesca sostanza. Presenza invocata dal poeta in RESTA, dove la funzione fatica del linguaggio risulta così passionale da lasciare senza fiato, mentre lo sguardo e i sensi del lettore sono rapiti dall’invito ad “arare il mio corpo col tuo sguardo” e gli occhi di lui “si svuotano” “come un acquario bucato” quando lei si allontana. E l’eros dei “capelli” di lei si enfatizza in un verbo, “sparpagliare”, che da solo è suggestivo del desiderio dell’amplesso. Si resta ammirati dalla vita di Pozzani che sbalza come l’intaglio di un metallo prezioso, riflette luce intensa e sovente “diverte” le parole in modo sorprendente. Infatti di fronte a termini quali PROSOPAGNOSIA, o altri termini non usuali, il lettore si trova a scoprire un nuovo vocabolario. Sembra di incontrare per la prima volta in un luogo di immaginifica eppure concreta bellezza, la lingua natia. Questo luogo che al termine del viaggio in versi non vorremmo abbandonare è la poesia di Claudio Pozzani e giungerà spontaneo l’impulso a dirgli RESTA.
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