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Il giocatore - Fëdor Dostoevskij - copertina
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Il giocatore
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Il giocatore - Fëdor Dostoevskij - copertina
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Descrizione


Scritto in soli ventisei giorni nel 1866, "Il giocatore" narra la passione incondizionata per il gioco d'azzardo che animava lo stesso Dostoevskij. La duplice attrazione del protagonista per il gioco e per l'altera e inquietante Polina, pur in circostanze e atmosfere vagamente allucinate, riflette infatti vicende e ambienti reali della vita dell'autore. Ma un altro motivo autobiografico determina un più segreto e vertiginoso intreccio nella storia, dal momento che Dostoevskij si trovò costretto a consegnare il manoscritto del Giocatore in un tempo brevissimo, pena l'acquisizione dei diritti sulle sue opere da parte di un editore-usuraio. Così, da uomo divorato dalla passione per la roulette, scriveva della natura sovranamente superflua del gioco. E mentre s'innamorava di una donna serena, salda, positiva, si trovava emblematicamente a raccontare di un sentimento forsennato, oscillante fra desiderio di schiavitù e pulsione omicida, per una figura di donna ambigua, imprevedibile, possessiva. Con uno scritto di Antonio Pennacchi.
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Dettagli

2014
Tascabile
XLII-180 p., Brossura
Igrok
9788804646457

Valutazioni e recensioni

FEDERICO GESUALDI
Recensioni: 4/5

Il Giocatore è una tra le opere famose del russo Dostoevskij. Scritto nel 1866, in soli 28 giorni, per pagare un debito dovuto dal gioco, è formato da appunti che il protagonista ha preso durante un periodo passato a Roulettenbourg, in Germania, con una famiglia e conoscenti di alto rango. I temi trattati sono principalmente due: i rapporti fra i Russi e gli Europei e il problema del gioco con tutto ciò a cui porta. Tutto questo senza mai risultare pesante. Il primo argomento è stato esposto secondo me in una maniera geniale: i personaggi sono di nazionalità diverse (Russi, Francesi, Tedeschi, Inglesi, Polacchi) e attraverso i rapporti che intrattengono tra di loro, i dialoghi e il pensiero del narratore/protagonista, vengono caratterizzati e diventano i simboli della loro società. Inoltre sono presenti molti dialoghi in lingua francese e questo contribuisce a rendere l’idea di mescolanza di culture nella vicenda che l’opera segue. Il problema del gioco, invece, è il pilastro che sostiene la trama. Due personaggi del raccontano in particolare si avvicinano a questa attività perdendo tutto, ma non voglio rivelare molto. Posso dire invece che è analizzato il modo di approcciarsi al gioco, in particolare alla roulette, di diversi giocatori anche di classi sociali differenti. Vengono presentate le diverse persone del casinò e di ognuna si può ricavare una caratterizzazione interessante e piena di significato; inoltre mi è piaciuto il modo “crudo” con cui è messa in evidenza la degenerazione dell’uomo che ha questa dipendenza fino a diventare “una nullità”. Altri temi, secondari ma non meno importanti, che vengono trattati sono quelli della necessità e a che cosa si spinge l’uomo avendo questo stimolo e l’amore/sottomissione alla persona amata; ci sono buonissimi spunti di riflessione in ogni pagina. Avendo letto Delitto e Castigo e Le Notti Bianche in precedenza, ho notato che Il Giocatore ha molti punti in comune con il primo, come il delirio (principalmente) e altri simboli che se vorrete leggerlo scoprirete. Dopo questo posso dire che mi sia piaciuto davvero tanto, l’unica pecca è la trama: non è molto avvincente e spesso ci sono contraddizioni, ma dobbiamo tenere conto del fatto che quest’opera è stata scritta di fretta e che lo scopo non era quello di esporre la storia in sè. Spero che questa mia recensione vi sia stata utile. Buone lettura!

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Recensioni: 5/5

E' un romanzo che non lascia indifferenti. Il racconto di un giovane che, incapace di vivere un rapporto non alienato con il mondo che lo circonda, trova nel gioco la sua vera ragione di vivere. Le pagine scorrono veloci nella descrizione delle serate passate al casinò, dove spesso il protagonista vince ma dove talvolta perde anche cifre considerevoli. La conclusione a cui si perviene è che per lui il gioco non è un mezzo per vivere bene senza faticare, ma il fine , ossia la sua vera ragione di vita.

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Fëdor Dostoevskij

1821, Mosca

Figlio di un medico, un aristocratico decaduto stravagante e dispotico, crebbe in un ambiente devoto e autoritario. Nel 1837 gli morì la madre, da tempo malata, e D. venne iscritto alla scuola del genio militare di Pietroburgo, istituto che frequentò controvoglia, essendo i suoi interessi già risolutamente indirizzati verso la letteratura (risalgono a quegli anni le sue prime letture importanti: Schiller, Balzac, Hugo, Hoffmann). Diplomatosi nel 1843, rinunciò alla carriera che il titolo gli apriva e, lottando con l’indigenza e con i disagi di una salute cagionevole, cominciò a scrivere: il suo primo libro, il romanzo Povera gente (1846), che ebbe gli elogi di critici come Belinskij e Nekrasov, rivela già l’attenzione pietosa di D. per...

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