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La società dello spettacolo-Commentari sulla società dello spettacolo - Guy Debord - copertina
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Descrizione


Guy Debord con questo libro scritto nel 1967, agli albori dell'era televisiva, ha intuito con lucidità agghiacciante che il mondo reale si sarebbe trasformato in immagini, che lo spettacolo sarebbe diventato "la principale produzione della società attuale". Siamo entrati nell'epoca dello "spettacolo integrato": è la fine della storia, "il crimine perfetto", scrivono Carlo Freccero e Daniela Strumia nella prefazione, che "ha soppresso la realtà". Non si può comprendere la logica e la strategia dei mass media senza fare riferimento alle tesi rivoluzionari de Debord.
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Dettagli

2008
Tascabile
254 p., Brossura
9788860732088

Valutazioni e recensioni

LUIGI STABILE
Recensioni: 0/5

Proiettati su uno schermo deformante che ci rende irriconoscibili ed inautenticamente veri (e per questo più accettabili) e catapultati su una scena i cui confini corrispondono a quelli della nostra immaginazione; privati di qualsiasi libertà di azione e di ogni residuo margine di manovra che non sia l'uso del telecomando, che ci restituisce, al di là della frequenza impostata, sempre lo stesso programma; telecomandati a nostra volta e degradati a voci e cifre incasellate in ripetitivi ed ingannevoli sondaggi, contribuiamo come parte in gioco, spettatori e merce di scambio ai trionfi di un mondo sempre più spettacolarizzato. Un mondo che si definisce senza alternative e si autocelebra; del quale (senza riconoscerne i significati e gli scopi ma utilizzandone pienamente i mezzi) si avverte il respiro e l'invadente e fantasmagorica presenza. Uno stato delle cose che non doveva apparire così evidente alla fine del 1967, quando Guy Debord dava alle stampe la sua Società dello spettacolo, un libello che per le sue tesi avrebbe goduto di immensa e meritata fortuna nei decenni successivi e che rivela oggi più che mai la sua modernità e la sua attualità. Uno di quei libri sui quali, per qualche oscuro sortilegio, non si accumula mai la polvere anche se relegato nella più inidonea delle biblioteche. Che è poi il destino che tutti i libri che contano per davvero hanno in comune. Figlio del suo tempo e tuttavia in anticipo sui tempi, rivela la capacità di analisi e il carattere visionario del suo autore. Se è difficile accettare che a soli pochi mesi dalla sua pubblicazione il testo possa già essere diventato quello strumento teorico di cui lo stesso Debord parlerà alcuni anni dopo, i fatti del maggio del 1968 ne rappresentano sicuramente l'anteprima e la messa in atto. Con un'operazione di detournement , che è poi uno spostamento, un aggiramento, più propriamente un effetto di straniamento, per utilizzare una nozione in auge nel periodo di cui si sta trattando, l'autore estrae alcuni elementi dall'ambito originario per collocarli in un altro contesto, e farli interagire con la nuova situazione. Questa operazione, oltre a spiazzare il fruitore produce una modificazione ed un rinnovamento di senso. Debord ripercorre, nell'incipit del suo libro, l'apertura del Capitale di Karl Marx: "La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come un'immane raccolta di merci". Che nella seconda metà del XX secolo ( e nel libro di Debord ) prende la forma di "un'immensa accumulazione di spettacoli". I rimandi al pensiero marxiano, e ad alcune sue significative evoluzioni, risultano costanti ma le posizioni autonome ed assolutamente originali sono molteplici, così come le critiche al modello di riferimento. La propensione delle sovrastrutture culturali (intese come ideologia e falsa coscienza) ad agire ed incidere profondamente sulla base reale, riceve tutte le conferme e le certificazioni nel momento in cui tutto quello che era vissuto in maniera diretta finisce per allontanarsi in una rappresentazione. E poiché l'unico tempo dello spettacolo è il presente, finisce per scomparire ogni idea di storia e si offusca ogni prospettiva di futuro. L'azione cede il passo alla visione ed il tempo della vita e quello della contemplazione finiscono per consumarsi in un rapporto inversamente proporzionale. E' la falsificazione l'elemento centrale e predominante dell'intero meccanismo: il reale è sacrificato sull'altare del falso che ne usurpa il ruolo e l'autorità. E persino a noi, confusi abitanti degli anni duemila, appare chiaro come la verità abbia finito per diventare inessenziale nell'epoca del "reality". La stessa realtà, quando si ostina ad affermare i suoi diritti, viene imbellettata per somigliare sempre più al falso ed essere "attraente" allo stesso modo. Del volume edito da Baldini e Castoldi fanno anche parte i Commentari alla Società dello spettacolo, del 1988. Scritti con un linguaggio più coerente con i nuovi tempi, impongono una rilettura di fatti più recenti, dal rapimento di Aldo Moro agli attentati al World Trade Center. E suggeriscono come l'idea di "emergenza", divenuta ormai permanente, sia il dispositivo per mettere in atto ogni sorta di nefandezza e giustificare l'ingiustificabile. Il volume si rivela un'essenziale guida per spettatori-consumatori volontariamente smarriti. Indicazioni che vengono dal passato per orientarsi in un ingarbugliato presente e magari scoprire, senza nemmeno più volerlo, sentieri che portano al futuro. Chissà se, quando la storia si deciderà a tornare, non si abbia ancora la voglia di percorrerli. Gigi Stabile

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Guy Debord

1931, Parigi

Guy Debord è stato un filosofo, sociologo, scrittore francese, tra i fondatori dell'Internazionale Lettrista e dell'Internazionale Situazionista, percorsi filosofici ed estetici maturati negli anni Cinquanta e all’interno dell’onda lunga del ’68.

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