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La famiglia Moskat - Isaac Bashevis Singer - copertina
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Nationality Letteratura: Polonia
La famiglia Moskat
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La famiglia Moskat - Isaac Bashevis Singer - copertina
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Descrizione


Premio Bancarella 1968. La famiglia del vecchio patriarca Meshulam Moskat attraversa gli anni che dall'inizio del Novecento scendono fino alla seconda guerra mondiale e alla "soluzione finale" messa in atto dal regime nazista. Ma il vero protagonista di questo possente romanzo è l'Ostjudentum, la società ebraico-orientale - in particolare quella di Varsavia - con la sua complessa e densa cultura. Nel racconto di Singer la ricchezza immensa di quella civiltà rivive, con minuzia realistica e visionaria, col respiro delle vicende private e il soffio della storia.
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Dettagli

TEA
2009
Tascabile
583 p., Brossura
Die familje Moshkat
9788850220236

Valutazioni e recensioni

Recensioni: 5/5

Grandioso affresco di un’epoca ormai passata ed epopea di un popolo che, ancorato alle proprie usanze, vive e nella prosperità e nella povertà quei sentimenti di solidarietà e di coscienza di appartenenza che sempre lo hanno portato ad affrontare con dignità e con un misto di rassegnazione quelle circostanze drammatiche che la storia gli ha spesso posto davanti. Ma qui la famiglia, che altro non è che la metafora della società e del mondo, vede sfilacciarsi con le nuove generazioni quelle certezze granitiche che hanno permesso al patriarca, quel Reb Meshulam Moskat, di costituire una grande famiglia, rispettata, ricca ed onorata. I giovani scalpitano, si muovono, non vogliono più le parrucche, gli abiti tradizionali, le barbe, i filatteri, vogliono l’integrazione, anche l’omologazione con la società dei gentili, pur rimanendo sempre legati al cordone ombelicale della famiglia, della comunità. Singer certamente è l’erede vivente di tutta quella cultura e di quella lingua yiddish, buona parte della quale scomparirà nell’orrore dei camini dei forni crematori. Nel descrivere la decadenza della famiglia Moskat egli vuole dunque rappresentare il paradigma di una intera realtà storica, tradizionalista ed ortodossa, che si sgretola sulla spinta della modernità e dell’individualismo. Finché le famiglie tenevano ben strette la loro cultura chassidim, tradizionale e formale, rimanevano, pur negli scossoni della storia, ferme e solide, ancorate a quei valori di solidarietà e di vitalità che li hanno sempre fatti reagire e risorgere, pronti a partire, come Lia, ma anche a tornare. Ma non è solo questo che viene rappresentato, perché quest’opera rappresenta uno scrigno ricco di riflessioni veramente importanti. C’è innanzitutto la ricerche sulle risposte che l’uomo si pone da sempre : Dio, l’anima, la morte, lo spirito!!! e non solo da parte degli studiosi ma da tutti, dal giovane Asha Asa Heshel, all’anticonformista Adam Shapiro. Ma c’è anche e soprattutto la vita! E’ un romanzo epico, talmente ricco di personaggi da richiedere all’inizio un albero genealogico per orizzontarsi. Ma è un romanzo emozionante, vero, dove la vita della società descritta è più viva e pulsante che mai; e si riesce sbalorditi a vedere come questo mondo che vive degli stessi sentimenti di amore, passione, odio, rancore, pettegolezzo, malattia, morte di un qualsiasi altro mondo viva come incapsulato dentro ad un’altra società, quella dei “gentili” che ha le sue stesse manifestazioni ma che ne è completamente separata, come in una bambola Matrioska. Ma la meraviglia che sorprende il lettore è che l’atteggiamento che la maggior parte dei personaggi ebrei assume nei confronti dell’antisemitismo, che è presente nella società polacca e si ingrossa sempre più, è di totale accettazione, un destino quasi da sopportare . Raramente qualcuno si ribella, se lo fa è per allontanarsi verso l’America o verso la nascente Palestina. Ma i legami non vengono tagliati, i ponti sono sempre mantenuti. Singer si ferma nel suo racconto proprio nel momento cruciale, quel momento che il lettore conosce bene, quando i nazisti hanno già invaso la Polonia, ci lascia ad un passo da quell’olocausto che i personaggi superstiti del libro non conoscono ancora; egli ci congeda dal ghetto di Varsavia ancora libero. Ma le ombre sempre più scure e minacciose incombono sulle teste e i destini di tutti! Significativo a questo punto è il colloquio tra i due i “studiosi” Asa Heshel e Hertz Yanovar, che suggella la fine della storia e non solo. Dice Hertz Yanovar : <<Il Messia arriverà presto>> e alla richiesta di chiarimenti di Asa Heshel egli risponderà : <<La morte è il Messia. Questa è la verità>>. Non ho più parole per commentare oltre!!

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Recensioni: 4/5

Chi vuole conoscere come vivevano,amavano,figliavano,morivano e tanto altro gli ebrei in Polonia dall'inizio del novecento fino allo scoppio della seconda guerra mondiale può affidarsi a questo libro. Come in molte storie familiari ci si perde un po' dietro a pronipoti e "biscugini laterali" (cit.);magari non tutti i protagonisti sono memorabili ma alcuni sono davvero riusciti,su tutti Asa Heshel tormentato e indefinibile intellettuale,un personaggio davvero moderno. Ho delle riserve invece sul tono inizialmente un po' leggero del libro, quasi da commedia prima che il tragico della Storia irrompa nella narrazione; ma ciò è forse dovuto al confronto con I Fratelli Ashkenazi, opera di ben altra drammaticità.

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GIOVANNA BIANCO
Recensioni: 4/5

Un bel libro...forse un pò lontano e un pò lento,ma ci si abitua presto a questa prosa un pò datata nel tempo e negli argomenti...e alla fine risulta un bel libro!I personaggi sono tantissimi ma descritti così bene e in modo così vivo che sembrano i nostri vicini di casa.La parte storica è curatissima e lo stesso la descrizione dei luoghi.L'argomento religioso ha un'importanza profonda e forse è un pò questo che me lo ha reso lontano..come tutti i libri scritti dagli autori ebrei.Comunque sicuramente da leggere.

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Isaac Bashevis Singer

1904, Radzymin

Isaac Bashevis Singer è stato uno scrittore ebreo-polacco di lingua jiddish, vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1978. Di ascendenza rabbinica, trascorse l’infanzia nel quartiere popolare di Varsavia dove il padre aveva il suo «Beth Din» (tribunale religioso ebraico): l’esperienza di questo ambiente osservante e avventuroso, domestico e insieme sacrale (rievocato nel libro di ricordi Alla corte di mio padre, 1966), così come gli studi nel seminario rabbinico di Varsavia, furono determinanti per la sua personalità di scrittore, rivelatasi dopo che, nel 1935, si trasferì a New York. Il suo primo romanzo, Satana a Goray (1935), ritrae la tentazione messianica, ossia il sogno mistico-erotico e perverso di cooperare all’infrazione...

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