Il poeta è tornato

Schema ripetuto dal primo libro. Un ex-polizioto che riesce a risolvere un caso prima che lo possa fare il FBI. Troppe descrizioni geografiche, lunghe spiegazioni di movimenti attraverso strade sconosciute facendo che il lettore si perda dopo la seconda riga... Li è mancato qualcosa. Connelly non è riuscito in questo libro a coinvolgere il lettore fino la fine. Sono arrivata al punto di pensare "quanto manca per finire?" non perché volessi sapere al più presto cosa sarebbe successo con il serial killer ma bensì perché mi aveva stancato ... Anche se purtroppo è necessario leggerlo per sapere cosa accadrà ad uno spietato ma incredibilmente intelligente serial killer conosciuto nel primo libro ... non lo consiglierei proprio.

Ogni romanzo di Connelly, anche se non riuscito, è sempre gradevole da leggere. Ciò non toglie che per gli appassionati del genere che nutrono sempre delle aspettative maggiori dall'autore, quando il racconto comincia a perdere colpi, diventa faticoso giungere alla conclusione. Il sequel ripete lo schema del primo libro dove la competizione era tra un giornalista (McEvoy) e l’FBI mentre in questo caso è tra un investigatore privato (Bosch) e l’FBI. Il fatto che la trama sia infarcita di suspense e colpi di scena, tipici di Connelly, non toglie che l’autore si è perso in lunghe divagazioni e inutili descrizioni topografiche rallentando così la tensione del racconto. A mio parere, Connelly in questo libro, non ha dato il meglio di se tanto che non ho avvertito la necessità di giungere velocemente alla fine per scoprire come finiva la storia. Per chi ha letto “Il poeta”, lo consiglierei solo per la curiosità di conoscere la conclusione della storia lasciata in sospeso. Chi non ha letto il primo libro, ne scelga un altro di Harry Bosch anche se questo si può leggere senza avere grosse aspettative.