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Anno edizione: 2014
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Partendo dal tardo medioevo e giungendo ai nostri tempi, Il Duca D'Auge se ne va a spasso per la storia a vivere le sue singolari e simpatiche avventure, accompagnato dai fidi scudieri, dagli inseparabili e combattivi amici e dagli immancabili Stef e Sten, i suoi saggi ed eloquenti cavalli parlanti. Nell’epoca moderna invece il buon Cidrolin trascorre le giornate sulla sua chiatta a bere estratto di finocchio e a dipingere continuamente la sua staccionata dove sistematicamente appaiono scritte ingiuriose sul suo conto. Ma qual'è il legame tra questi due personaggi? Beh, ogni volta che uno si addormenta sogna di essere l'altro e viceversa, in un continuo inseguirsi di sogni e realtà, senza mai riuscire a capire chi è il personaggio reale e chi quello onirico. Anzi, i due finiscono addirittura per incontrarsi, fare amicizia e decidere per certi versi il destino dell'altro. Sfruttando un’idea molto originale, l’autore ottiene un libro simpatico e piacevolissimo, molto divertente grazie alla forte dose di comicità, alle situazioni grottesche e ai singolarissimi personaggi e scorrevole grazie ad uno stile semplice e pieno di verve. Il libro inoltre è pieno zeppo di giochi di parole, neologismi, doppi sensi e non mancano neanche citazioni e celati riferimenti d’attualità. Queneau poi sembra voler proporre delle leggere riflessioni sulla condizione dell’uomo e sullo scorrere ineluttabile della storia, ma queste rimangono molto vaghe e velate, forse perché coperte dalla straordinaria simpatia di questa storia, facendo apparire il libro un po’ troppo frivolo ma comunque dotato di forte charme.
Se vi piacciono i giochi di parole, fa per voi! Ne è ricchissimo (merito anche all'ottima traduzione di Calvino). E' un libro un po' difficile, è vero. Ma si adatta a diverse letture. Può essere una lettura semplicemente piacevole, grazie ai giochi dell'intreccio e delle parole, e può essere un libro di difficile interpretazione.
Un placido disordine storico lo avverte il Duca d'Auge, svegliandosi quella mattina del 1264. E non ci sta. Vuole vederci chiaro. O forse "que-neau"? Poco importa: agisce. E' Cidrolin che invece se ne sta inattivo sull'Arca, ormai abbandonato dalle figlie, con la sola compagnia di Lalice, sua "domestica", l'essenza di finocchio e i suoi pisolini. La storia gli passa davanti, ordinata. Troppo ordinata. Perfino quelle scritte sui muri che lo accusano di assassinio tornano con sospettosa frequenza. Per lui, no, non cambia nulla. L'unica libertà, nella sua vita, sono i sogni. Sogni di uno strambo Duca duecentesco che si diverte a distorcerla, e a giocarci, con la Storia. Cidrolin non se ne cura: preferisce avvelenarla, e avvelenarsi, al Bar Biturico. E' un inetto, un malato. Il Duca un eroe, un sognatore. Contraddizioni. Ma sono due? o è uno solo che sogna l'altro? Contraddizioni. Irrisolvibili, forse solo lontanamente interpretabili. Eppure freschissime di sperimentazioni e scherzi linguistici, per l'intero racconto. E' vero, si rischia di non capirci niente. Ma se, poi, nella Storia, non ci fosse proprio nulla da capire? Fosse solo retorica? L'importante è guardarla con ironia. Come un gioco. Queneau ci riesce benissimo. Frizzante. Veramente unico.
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