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Di strada e di gavetta, Cristina ne ha fatta tanta da quel 1997 in cui diede alle stampe il suo disco di esordio “Tregua”. Strada maestra però, perché da quel momento è un susseguirsi continuo di progetti musicali, di collaborazioni, di incontri, tutto ispirato da una fertile e positiva creatività che in poco tempo fanno della cantautrice di Rho un riferimento di qualità unico nel nostro panorama musicale. E gli unici sono rari. Non ci sono fotocopie. Cristina Donà è un’artista di cui forse dovremmo andare tutti un po’ più fieri. Ed invece a parte la critica che ad ogni uscita non ha mai mancato di sottolinearne il talento, il pubblico, almeno quello dei grandi numeri (che, come noto, solo di rado fa rima con qualità!), sembra indifferente. Ed in fondo lo sono stato anche io per tanto tempo. Troppo. E’ come se i miei percorsi di ascolto per qualche motivo, a cui sinceramente non so dare una spiegazione razionale, non l’avessero mai incrociata. Ed invece eccomi qua a parlare di lei come di qualcuno di cui ho sempre sentito pronunciare il nome ma di cui, sono sincero, non avevo ascoltato ancora mai nulla! Nel tentativo estremo di colmare una lacuna che personalmente ritengo grave, ho divorato le sue incisioni (non molte a dire il vero) e fra queste voglio soffermarmi sul suo ultimo lavoro di freschissima uscita “Torno a casa a piedi”. Lasciate alle spalle, direi quasi subito, alcune spigolosità delle origini (l’album “Tregua” su tutti), la produzione successiva, che in qualche misura trova il suo momentaneo culmine nell’album appena uscito, è quanto mai pervasa da approdi ammantati da una leggerezza coinvolgente. Per usare le parole stesse della cantautrice, ci troviamo di fronte “un album che celebra la vita attraverso piccole istantanee composte con leggerezza ed ironia, un album musicalmente ricco, sfaccettato, ma anche lieve e luminoso”. L’esperienza di ascolto non è lontana da questa sintetica ed efficace definizione. Testi (tutti della Donà) e musica (scritta dalla Donà assieme a Saverio Lanza) si presentano all’orecchio di chi ascolta in un incanto di perfetta armonia, a patto che in esso si coinvolga pienamente anche il cuore, con quella capacità di osservazione che si fa più sottile e attenta proprio durante lo “spostamento a piedi” quando diventa “possibile osservare con più tranquillità le cose e si possono meglio cogliere i dettagli che compongono la realtà, dove ogni scontata normalità nasconde, quasi sempre, lo straordinario, nel bene e nel male”. Insomma, ben trovata Cristina!
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