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Il segreto dei suoi occhi di Juan José Campanella - DVD
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Descrizione


Per venticinque anni un caso di omicidio è rimasto impresso indelebilmente nella mente di Benjamín Espósito. Andato in pensione, decide di ripensare a quella storia per ripercorrere un passato pieno d'amore, di morte e d'amicizia. Ma quei ricordi, una volta liberati e scandagliati ossessivamente, cambieranno la sua visione del passato. E riscriveranno il suo futuro.
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Dettagli

El secreto de sus ojos
Argentina
2009
DVD
5051891080218

Informazioni aggiuntive

Medusa Home Entertainment, 2013
Koch Media
129 min
Italiano (Dolby Digital 5.1);Spagnolo (Dolby Digital 5.1)
Italiano; Italiano per non udenti
Wide Screen
interviste; trailers; commenti tecnici; provini; dietro le quinte (making of)

Valutazioni e recensioni

Ciro Andreotti
Recensioni: 4/5

Prima di essere recuperato e ‘coverizzato’ nelle mani del regista americano Billy Ray, al servizio di star del calibro di Nicole Kidman e Julia Roberts, il romanzo di Eduardo Sacheri, presente anche in qualità di co-sceneggiatore, era stato portato per la prima volta sul grande schermo dal regista argentino Juan Campanella in un ritorno al passato fatto di continui flashback e ricordi. Fra i momenti lontani, e ancora fin troppo vividi, della dittatura che afflisse il popolo Argentino e fra le cui pieghe si perdono le tracce di un caso che ancora oggi non riesce a far stare tranquillo il giovane pensionato Benjamin Esposito, impersonato da Ricardo Darin, attore autoctono e prolifico, dotato dei giusti accenti per riuscire a tratteggiare una figura carismatica che non ha saputo lasciarsi alle spalle uno stupro e omicidio sul quale lui per primo aveva investigato, e che al tempo stesso vorrebbe rivivere quei momenti nei quali al caso irrisolto si sovrapponeva un possibile legame affettivo con una donna che avrebbe potuto trasformarsi in molto più di una semplice amica. Proprio in questo si contraddistingue la difficoltà nell’incasellare in un solo genere un film premiato nel 2010 anche con la statuetta Oscar per la migliore pellicola straniera. Una pellicola in grado di creare un genere del tutto nuovo esattamente a metà strada fra il thriller e il sentimentale sia per quello che si sarebbe potuto fare da un punto di vista investigativo sia per quello che Benjamin rimpiange di non aver saputo esprimere in presenza di Irene. Film imperdibile perché in grado sia di tratteggiare perfettamente i lati più psicologici dei personaggi, sia quelli inerenti una storia che pare partorita direttamente dalla fantasia di Dashiell Hammett.

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Recensioni: 5/5

Un efferato delitto a sfondo sessuale che ha per vittima una bellissima donna fresca di matrimonio. Un caso giudiziario pieno di lati oscuri che viene ripreso in mano dopo molto tempo da Benjamin Esposito, avvocato ed agente federale del tribunale di Buenos Aires che si incarica di riaprire tutto quanto e dare un nuovo impulso alle indagini assieme al collega, assistente ed amico Pablo Sandoval. Dopo qualche iniziale perplessità, i due sono aiutati dalla cancelliera del tribunale medesimo cui l’avvocato protagonista è legato da una sorta di affettuosa amicizia e da una specie di amore non dichiarato, segretamente ricambiato anche da lei ma che non va mai oltre un certo gioco di sguardi, anche per le vicende specifiche dell’esistenza di entrambi. Questi gli ingredienti di fondo della pellicola argentina, che mischia elementi a metà strada tra il dramma sociale, spunti di tragicommedia e il giallo politico-civile, trovando una sintesi convincente e avvincente nello sviluppo narrativo e nella tessitura del racconto. Elemento chiave della vicenda il linguaggio del corpo, in particolare l’espressione di sentimenti e stati d’animo attraverso lo sguardo e il suo potere disvelatore di ciò che si pensa davvero al di là delle convenzioni e delle contingenze ufficiali. Lo sguardo che unisce in una segreta intesa l’avvocato protagonista (un ottimo ed intenso Ricardo Darin, famoso soprattutto alle latitudini spagnole e latinoamericane) e la cancelliera del tribunale in un gioco continuo che, sebbene muto, è espressivo di sentimenti e di un amore reali, magari davvero provati da entrambi ancorché non dichiarati mai espressamente. Un sentimento e un rapporto fatto appunto di ricorrenti sguardi di intesa che si rincorrono per tutto il film: una sequenza su tutte, quella in cui l’avvocato prende un treno salutando l’amica e collega e lei lo segue con lo sguardo, rincorrendo con apprensione il convoglio quasi a sancire l’asprezza e la lacerazione di questo momentaneo allontanamento. Il significato dello sguardo e di ciò che esprime consentono all’avvocato di trovare le prove (altrimenti non reperibili in base ad altri procedimenti) di un suo ragionamento puramente indiziario ed intuitivo che però lo porta ad incastrare l’assassino, amico di infanzia della defunta, dopo averlo osservato in una foto di gruppo di gioventù in cui guardava la futura vittima con un occhio ossessionato, patologico e maniacale, preludio in sé di un gesto e di un possibile comportamento sadico e criminale, pur non essendo corroborato ancora da alcuna prova concreta. E grazie a questa intuizione, come accadeva nel metodo di indagine appunto intuitivo dell’Infernale Quinlan di Orson Welles, davvero riesce a centrare ed azzeccare in pieno l’identificazione dell’assassino dopo aver escogitato uno stratagemma assieme alla cancelliera che si presenta all’interrogatorio con una camicetta un po’ aperta. La circostanza permette di incriminare l’uomo che si tradisce proprio con il suo sguardo puntato sui seni della donna, quasi una firma dei suoi veri intenti anche passati, e finisce per rivelare e confessare appunto i suoi istinti criminali e il delitto che ha compiuto. Lo sguardo è nel film metafora di una condizione umana mediata sì dal linguaggio del corpo ma proprio (ed anche) per questo basata sul non detto, sul non dichiarato e sulla dimensione dell’esistenza non vissuta, con un senso predominante (e tutto argentino) della sconfitta e della perdita, di un rapporto problematico con la memoria, presente nel romanzo autobiografico di memorie personali che l’avvocato scrive per ripercorrere il caso giudiziario e con esso la sua esistenza e il suo passato: tutte metafore emblematiche di un paese mai sanato nelle sue ferite individuali e collettive, le une e le altre sospese fra un eterno presente e un passato tragico non risolto e rimosso; il tutto comunque sempre carico di tragiche vicende storiche mai cicatrizzate e superate davvero. Si pensi alla reazione del vedovo della vittima che sceglie (con grande sorpresa del suo amico Esposito) di continuare a vivere, dopo tanti anni dall’omicidio, senza prospettiva alcuna di un futuro possibile, nel ricordo cristallizzato e fermo nel tempo dell’amata scomparsa che per breve tempo fu sua moglie prima del delitto, e vuol perpetuare il senso di tale assenza e di questo vuoto nella sua ricerca individuale e costante dell’assassino, non ancora scovato in quei momenti dalla giustizia, di cui ogni giorno cerca tracce alla stazione del treno. Su questo nucleo di vicende della trama e del racconto si innestano poi alcune componenti di fondo del dna culturale e storico del paese, incluso il maggior spettacolo popolare e di massa che è il calcio, assai popolare e importante in quelle latitudini che hanno generato una delle scuole di pallone più rappresentative al mondo. E proprio la passione per il calcio e per la squadra preferita fornisce ai due avvocati la chiave di volta per rintracciare finalmente il sospettato colpevole dopo una infruttuosa ed affannosa ricerca precedente fatta di più tentativi, intercettandolo proprio a una partita e riuscendo rocambolescamente ad arrestarlo dopo un inseguimento concitato, segnato da una sequenza dal ritmo incalzante con la cinepresa a mano, nei sotterranei e corridoi dello stadio fin sul campo di gioco. Per non parlare poi degli altri temi emergenti, come la violenza endemica e la sopraffazione di fondo nei rapporti umani e sociali, condita di sessismo e machismo, che fanno da contraltare ai traumi della dittatura militare che fa il suo ingresso nella vicenda criminale e giudiziaria, il cui fulcro centrale si svolge nei cupi anni ’70. L’assassino infatti viene liberato dopo alcuni anni di carcere (anche grazie alla complicità, negli uffici giudiziari, di un collega corrotto dell’avvocato) per essere ingaggiato dalla polizia segreta della giunta militare come uomo di fiducia degli squadroni della morte che compiono esecuzioni sommarie, in una delle quali sarà vittima, per uno scambio di persona, Sandoval il caro amico e collega dell’avvocato, suo compagno di tanti casi ed indagini insieme. E infine, a ulteriore riprova del senso disperato e disperante di sconfitta senza speranza alcuna di riscatto che pervade l’intera vicenda, ecco la sconcertante sorpresa che chiude il film, perché vediamo ricomparire l’assassino, di cui si erano di nuovo perse per qualche tempo le tracce senza che se ne avesse notizia, sequestrato e rinchiuso come ospite-prigioniero in una stanza prigione della sua casa e fazenda ad opera del vedovo della donna uccisa, a rinnovare e perpetuare nel tempo uno strano e contorto rapporto fra vittima e carnefice, unica possibilità che sembra esserci per fare i conti con un passato non sostenibile e con un futuro di cui non si intravede la prospettiva. Una pellicola che in quest’intreccio di temi di fondo cari all’anima culturale argentina risulta a suo modo coinvolgente, in grado di far pensare ma anche di catturare lo spettatore con un registro in molti momenti assolutamente poetico nel suo andamento narrativo e nei temi di fondo del racconto, non privi di colpi di scena e spunti gialli di tipo politico e civile.

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