12 anni schiavo

Quando, anni fa, guardai il film tratto da questo romanzo, il disagio, la rabbia, l'ingiustizia, il dolore, l'incredulità che provai mi rimasero a lungo impressi sulla pelle e nella mente e nell'approcciarmi ora alla lettura di questa storia tutte queste forti sensazioni sono tornare prepotentemente a galla. A raccontarci questa terribile storia è proprio il protagonista, Solomon Northup, un cittadino nero nato libero, trascinato con un orribile inganno nell'incubo della schiavitù, strappato a sua moglie e ai suoi figli, venduto come un oggetto all'asta al migliore offerente assieme ad altri uomini, donne, bambini brutalmente picchiati e frustati, chiusi in una piantagione alla mercè di un padrone bianco spietato e crudele. Solomon narra con incredibile chiarezza tutte le tappe della sua prigionia, gli abusi subiti, il triste destino dei suoi compagni di viaggio e ci restituisce un ritratto fosco e inquietante della vita di uno schiavo nella Louisiana nel XIX secolo. Sappiamo fin dall'inizio che la storia avrà per Solomon un lieto fine, che si arriverà dopo dodici anni di sofferenze al giorno della sua liberazione, ma io non facevo che pensare a tutti i milioni di persone che non hanno avuto la sua stessa fortuna, a chi è caduto in quelle piantagioni magari sotto i colpi di quella frusta che, come l'autore ribadisce molte volte, si trasformava troppo frequentemente in uno strumento di tortura e addirittura di morte. La narrazione è costellata di scene particolarmente crude e violente che sono raccontate in maniera nitida, con una chiarezza, con un senso di impotenza e di sofferenza che lasciano il lettore senza fiato perchè arrivano dritte al cuore, allo stomaco, alla mente. L'autore insiste particolarmente sulla necessità di farci comprendere che in questa storia non c'è nulla di inventato, che si tratta di un'autentica testimonianza dei pericoli che correva qualsiasi persona dalla pelle scura in quegli anni, per la quale non esisteva un posto realmente sicuro, non c'era alcuna possibilità di ottenere giustizia, rispetto per la propria dignità, per la propria storia, per la quale non esisteva il diritto di essere considerato un essere umano. Proprio per questo alla fine del romanzo troviamo delle pagine dedicate a tutte i documenti, le carte, le firme che sono state necessarie al suo lungo processo di liberazione. Non mancano amare riflessioni sulla discriminazione razziale, sull'insensata pratica della schiavitù, sulla crudeltà dell'uomo che però Solomon imputa al malato sistema in cui l'uomo bianco viene educato, ai principi sbagliati di una società intrisa di odio e di pregiudizi. La scrittura non è particolarmente originale, è uno stile molto lineare, semplice e diretto, che si adatta perfettamente alla finalità di questo romanzo: trasmettere un racconto terribile che possa mettere in guardia, fare da monito a tutti coloro che ancora oggi sottovalutano il potere dell'odio razziale, che possa far riflettere, far infuriare, far ricordare cosa l'uomo è stato capace di fare ai suoi simili.

Un racconto incredibile, eppure assolutamente vero, di come un uomo nato libero possa divenire schiavo e per ben dodici anni non riesca a tornare libero, se non per un caso fortuito. Un incubo per chi aveva un'istruzione sopra la media dei suoi simili, con la sua famiglia già costruita solidamente e comunque un mestiere che gli piaceva. Un incontro sbagliato e viene irretito da malfattori che lo annullano come cittadino e come essere umano. Ed il fatto che si trattasse di un uomo di colore vissuto a metà del diciannovesimo secolo, è solo un dettaglio.

Un libro scritto con talento, garbo, sensibilità e in cui l'autore non si lascia andare a sentimenti di vendetta ma analizza con lucidità la mentalità dell'epoca e dei luoghi. Commovente e fa riflettere sulla malvagità degli uomini