Giovanni Raffaele insegna Storia Moderna nell’Università di Messina. La sua attività di ricerca si è concentrata sui processi di nazionalizzazione, sulla criminalità organizzata e sulle strutture psichiatriche ottocentesche. Il lavoro si presenta dunque come un rivisitazione di temi già affrontati adottando però un taglio diverso privilegiando lo “sguardo esterno” sugli eventi dell’ottocento siciliano. Le fonti utilizzate provengono dai diari di viaggio di Inglesi e in larga parte dalla corrispondenza dei consoli con la madrepatria conservata al Foreign Office e per lo più inedita, alla quale l’a. ha ritenuto opportuno aggiungere le Inchieste pubbliche e private, relazioni prefettizie, atti processuali e scritti di intellettuali coevi. Il centocinquantenario dell’unità d’Italia è stata l’occasione di ritornare sul tema del processo di formazione del nostro paese, non solo con un corretto e onesto approccio scientifico, ma anche da parte di alcuni non storici che si sono cimentati sull’argomento talvolta scivolando in facili e scontate interpretazioni. In questo terreno accidentato s’inserisce la lettura di uno studioso che rifacendosi al rinnovamento storiografico portato avanti dalla rivista Meridiana negli anni Ottanta dichiara inaccettabile il riproporsi di letture stereotipate del Mezzogiorno Italiano. Per uscire fuori dagli stretti schemi e dai rigidi paletti che vengono ancora riproposti, l’a. concentra la sua attenzione in uno dei momenti più delicati della storia del nostro Stato cioè il “caldo” Ottocento siciliano dal regno borbonico sino all’esplosione dei Fasci siciliani attraverso le relazioni dei consoli britannici e di viaggiatori inglesi in Sicilia. La lettura dei documenti proposti può offrire un’angolazione diversa e offrire lo spunto per una riflessione seria e puntuale sull’Ottocento siciliano. Da un alto l’a. attinge alla vastissima letteratura oderporica selezionando i resoconti di viaggio di chi non si ferma ad ammirare il paesaggio e i monumenti ma che analizza e si interroga sugli aspetti sociali e in particolare le condizioni dell’ordine pubblico, giustizia e criminalità. «Dietro la facciata di incanto naturalistico-archeologico» (p. 115), i viaggiatori si trovano di fronte all’esplosione della ribellione popolare siciliana per le tante questioni socio-economiche e politiche insolute. Dall’altro, l’a. utilizza i dispacci dei consoli inglesi che dal suo punto di vista si dimostrano per un verso «presbiti» nello scavare la complessa e differenziata realtà siciliana e peraltro «miopi» nel ricostruire un quadro d’assieme della situazione socio-economica e politica isolana. Sono questi uomini che svolgevano delle vere e proprie indagini nell’isola con lo scopo principale di salvaguardare interessi economici e internazionali e di tutelare i sudditi della Gran Bretagna. La lettura dei rapporti è ricca di stereotipi che però si modificano corso del tempo per scadere nella fine del secolo nel razzismo e nell’antropologia lombrosiana, etichettando con l’espressione «immoralità acquisita» del popolo siciliano tutto l’insieme di cause storiche e bio-antropologiche del contesto isolano. Al contempo, gli agenti consolari assumono la consapevolezza dei nodi irrisolti della politica, prima borbonica e poi sabauda, in Sicilia: ordine pubblico, arretratezza economica e questione sociale. Le relazioni non sono solo descrittive diventando in alcuni punti più interessanti e, oltre a citare aneddoti e eventi particolari stigmatizzano la latitanza dello Stato e propongono delle politiche concrete per migliorare la realtà siciliana: pugno di ferro contro briganti, bande armate e mafia, ma pure modernizzazione dell’agricoltura e miglioramento delle condizioni di vita e sociali delle classi più popolari. Nel complesso il volume è un’occasione per ritornare sui temi dell’ottocento siciliano e cercare di comprendere le ragioni dell’elevata conflittualità che l’attraversa.
«L'immoralità acquisita». Pubblica quiete e affari nella Sicilia dei consoli inglesi d'Ottocento
Le forme di ribellione e di delinquenza in Sicilia dagli ultimi decenni del regime borbonico ai primi decenni unitari oscillano tra l'etichetta di cieca rivolta popolare a quella di reazione arcaica. Dai rapporti consolari emerge però un'analisi più articolata e spesso inedita del brigantaggio e della criminalità. All'interno di una ricostruzione storiografica accurata, l'autore lascia parlare direttamente i consoli e i viaggiatori stranieri, i cui racconti si snodano con vivacità quasi romanzesca, senza nulla perdere del loro valore di fonte storiografica.
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Anno edizione:2012
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CONCETTA SIRENA 29 novembre 2017
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