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Anno edizione: 2020
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Trama narrativa irresistibile, come un giallo dell'antichità, racconti in presa diretta e flashback che rendono viva e palpabile una vicenda così antica, eppure terribilmente vicina alla nostra.
«È incredibile come Cline riesca a rendere così palpabili gli avvenimenti che si sono verificati in un passato così remoto». - Adam Gopnik, «The New Yorker»
Vennero dal mare. Sappiamo il loro nome e poco altro: li chiamiamo «Popoli del Mare» e al loro arrivo caddero regni millenari e l'intera Civiltà del Bronzo collassò repentinamente. Dopo, seguirono solo lunghi secoli bui.
L'Età del Bronzo era stata un'epoca di fiorenti commerci, di evoluzione tecnica e culturale, di rapporti diplomatici internazionali, di sottili equilibri politici. A lungo si è pensato che il mondo di tremila anni fa fosse un luogo primitivo, con un'economia ridotta su breve scala, ma gli ultimi decenni di scavi archeologici hanno invece portato alla luce un mondo incredibilmente organizzato e vasto, tanto da poterlo definire «globalizzato». Il quadro archeologico ci restituisce un'organizzazione solida e funzionale, che sembrava intramontabile, come la nostra, ma che cadde di schianto. I nomi dei regni antichi evocano avvenimenti lontani - Egizi, Ittiti, Assiri, Babilonesi, Mitanni, Minoici, Micenei, Amorrei, Ugariti, Cretesi, Ciprioti, Cananei -, ma le loro vicende sono così «moderne» che la loro storia suona ormai come un monito rivolto al nostro mondo. Caduto il primo anello, caddero tutti gli altri, in pochi anni. Fu solo a causa dei misteriosi Popoli del Mare? A raccontarci questa storia è Eric Cline, uno dei protagonisti degli scavi archeologici dell'Età del Bronzo.
Indice
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Ho deciso di acquistare questo libro dopo aver ascoltato il podcast “La fine del mondo” di Luca Misculin per il Post, basatosi proprio sull’opera di Cline per realizzarlo. Ero deciso a voler approfondire la questione sollevata da Misculin, ovvero cercare di spiegare perché le maggior civiltà dell’Età del bronzo (Ittiti, Assiri, Babilonesi, Ciprioti, Minoici, Micenei, Cananei, Egizi) abbiano subito una crisi tale da portarle al loro definitivo collasso intorno al 1177 a.C., con una conseguente regressione, nei successivi quattro secoli, di tutti i popoli del Mediterraneo sia dal punto di vista culturale che sociale ed economico. L’autore inizia descrivendo il mondo della fine dell’Età del Bronzo come una realtà globalizzata: scambi commerciali e rapporti diplomatici tra Antico Egitto, Micene, Cipro, Creta, Babilonia sono dimostrati da una serie di prove archeologiche come tavolette, iscrizioni e relitti di navi, come la celebre nave di Uluburun, ritrovata al largo delle coste turche, sulle quali viaggiavano merci e prodotti su rotte che andavano dall’Oriente all’Egeo e viceversa. Cline cerca poi di ritrovare le cause del collasso di queste civiltà in una moltitudine di fattori che, presi singolarmente non sarebbero stati insormontabili da superare, ma che hanno agito secondo un “effetto moltiplicatore”: terremoti e cambiamenti climatici con conseguenti carestie, rivolte intestine delle classi basse contro i propri re e signori, orde di invasori conosciuti come i Popoli del Mare (forse provenienti dal Mediterraneo occidentale) che attaccarono ripetutamente e distrussero alcune grandi città del Mediterraneo orientale. Una dopo l’altra, le civiltà dell’epoca sono andate incontro al loro collasso e, la natura globalizzata di quel mondo, ha fatto sì che, come un effetto domino, la caduta di un regno abbia provocato il declino dell’altro. Una lezione anche per la nostra società attuale, così globalizzata e complessamente intricata, ma a quanto pare anche vulnerabile.
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