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Sono davvero molte le frontiere attraversate da Albert Hirschman nella sua coraggiosa vita di antifascista «europeo», di consigliere del governo americano negli anni del piano Marshall, di studioso trasgressivo e pragmatico dei problemi dello sviluppo economico e profondo conoscitore dell'America Latina, di esploratore «autosovversivo» di nuovi temi e «complessità» nel campo delle scienze sociali, sempre a cavallo del confine tra studio e tensione civile. In questa intervista a tutto campo Hirschman compie un viaggio nella scienza e nella coscienza di questo secolo, guidato dalla propria libertà e onestà intellettuale: dai primi studi condotti nella Berlino in cui era nato nel 1915, abbandonata dopo l'inizio del «terrore» nazista scatenatosi con l'incendio del Reichstag, alla peregrinazione che lo condusse - tra studio e cospirazione - da Londra a Trieste, dalla Spagna a Parigi e a Marsiglia, a diretto contatto con antifascisti quali Eugenio Colorni, Emilio Sereni, Angelo Tasca. Arruolatosi volontario nell'esercito francese, Hirschman entrò quindi nell'Emergency Rescue Committee, incaricato dell'organizzazione degli espatri clandestini dall'Europa occupata. Raggiunti gli Stati Uniti e arruolatosi nelle file dell'esercito americano nel 1943, nel dopoguerra Hirschman farà parte del gruppo di «cervelli» che da Washington orienteranno la ricostruzione europea. Lunghi soggiorni in America Latina e in Africa radicheranno in lui la convinzione della positività delle politiche sociali, la fattibilità sociale e morale delle «vie straordinarie» allo sviluppo, assieme alla diffidenza per la rigidità e l'ortodossia delle diagnosi generali: temi che Hirschman ripercorre - in questa conversazione raccolta a Princeton nell'ottobre 1993 da Carmine Donzelli, Marta Petrusewicz e Claudia Rusconi - rivelando le coerenze interne, ancora una volta teoriche e politiche, che saldano insieme la sua produzione scientifica degli ultimi due decenni.
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