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Le catilinarie - Amélie Nothomb - copertina
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Le catilinarie
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Le catilinarie - Amélie Nothomb - copertina

Descrizione


Juliette ed Émile hanno finalmente acquistato la casa dei loro sogni: spaziosa, coperta di glicine, isolata. Ma non abbastanza, tenuto conto delle quotidiane, irritanti e indesiderate visite dell'unico ingombrante vicino, che riesce a trasformare in assillante tortura la pacifica esistenza della coppia. E il paradiso si popola di incubi con l'apparizione dell'ancora più grassa consorte dell'uomo. Inatteso finale dalle sfumature noir.

prima edizione: febbraio 1998
quarta edizione: marzo 2008

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Dettagli

2005
1 gennaio 1998
128 p.
Les Catilinaires
9788888700519

Valutazioni e recensioni

vee
Recensioni: 3/5

Forse leggendo uno dei suoi libri al mese sto iniziando a vederci dei pattern. Mi ricorda l’escalation in ‘igiene dell’assassino’, sempre suo, quindi leggermente meno originale.

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Recensioni: 4/5

Un libro veramente molto bello dove l'autrice è bravissima a descrivere il personaggio principale: da una parte l'ansia e l'inquietudine per ogni visita dell'insopportabile vicino e dall'altra parte la buona educazione che ti spinge comunque ad aprire la porta e a cercare di fare conversazione. L'angoscia di queste visite è descritta così bene che sembra di essere in quel salotto con quell'uomo insopportabile e i suoi intollerabili silenzi. Un bellissimo romanzo con un finale sorprendente ma che sembra inevitabile

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ROSSELLA IANNONE
Recensioni: 5/5

Dire che sono pazza della Nothomb è sempre dir troppo poco. Come trovo un suo libro tra gli scaffali mi precipito a comprarlo e a leggerlo, e non è mai una delusione. Sempre diversa, è come se in lei vivessero più anime ed esistenze, più forme mentis, persino più età. Sicuramente, alla genialità del suo stile e di ogni sua storia contribuisce la sua biografia così ricca, ma è indubbio che ella abbia una genialità innata, e un'intelligenza, del tutto ammirevoli e duttili. Ho detto già che adoro questa scrittrice?! Veniamo a "Le catilinarie". Tanto per cominciare: son morta dalle risate. In certi punti è totalmente esilarante, anzi, per gran parte del libro. Quando non genera risata, genera tenerezza e riflessione. La storia: una coppia di anziani in pensione, senza figli. E' tutta una vita che si amano, fin dalle elementari. Si trasferiscono in campagna, nella Casa: la maiuscola indica l'aver trovato finalmente il posto dei loro sogni: confortevole, amorevole, lontano dal resto del mondo, bucolico; il tutto per vivere nella più totale dedizione all'altro. Perchè il libro s'intitola proprio così allora? Le Catilinarie ben più celebri le scrisse Cicerone contro, appunto, Catilina. Chi ha studiato il latino, per forza ricorda l'incipit: "Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?" E cioè: "Fino a quando,oh Catilina, abuserai della nostra pazienza?" E del resto, la stessa Nothomb, prima del romanzo riporta una citazione di Bonnefoy: "Io ti dichiarerò guerra e mi prenderò con te le libertà della guerra e avrò tra le mani il tuo viso oscuro e trafitto.." Contro chi c'è la guerra? Chi abusa della pazienza dell'altro? Non è certo una questione che nasce tra i due coniugi, Emile e Juliette. L'oggetto esasperante è dato invece da una terza persona: Palamède Bernardin, il vicino. Innanzi tutto, ho trovato geniale proprio il modo in cui il vicino in questione sia sconsiderevole: il primo pensiero, quando si parla di un vicino rompiscatole, è pensarlo chiacchierone, rumoroso, ficcanaso. Palamède è nulla di tutto questo: egli è invadente, si, ma silenzioso. Troppo. Ogni giorno, dalle 16 alle 18, s'impianta in casa dei poveri sventurati, posa il cappotto, si dirige alla "sua" poltrona, beve il caffè, e non parla. Al massimo proferisce un "si" o un "no". E c'è dell'altro: egli non se ne sta zitto perchè a) è muto, b) è intimidito, c) è ignorante e/o stupido d) ama ascoltare. Palamède, semplicemente, è annoiato da qualsiasi cosa. Mi svegliai nel cuore della notte, colpito da un'evidenza che non avevo ancora osato formulare: il signor Bernardin era il rompiscatole mitologico. Certo, che fosse rompiscatole lo sapevamo già. Ma non bastava. Molta gente può esser qualificata come tale. Il nostro vicino rappresentava il tipo puro. Passai in rassegna le figure mitologiche antiche e moderne che conoscevo. Mi apparve il ventaglio dei personaggi possibili. C'erano tutti, salvo il rompiscatole archetipico. Egli stava al mondo solo per rompere le scatole. La prova è che non aveva un briciolo di piacere nella vita. Lo avevo osservato: tutto gli era sgradito. Non amava nè bere nè mangiare nè guardare le cose belle, nè passeggiare nella natura, nè parlare, nè ascoltare, nè leggere, niente. Il fatto più grave è che non provava piacere nenanche nello scocciare: lo faceva con convinzione, perchè era la sua missione, ma non ne traeva gioia alcuna. Aveva l'aria di trovare molto scocciante scocciare. Il povero Emile tenta in tutti i modi di tener su la conversazione, s'impone di porre domande che non ammettano risposte articolate, non riducibili cioè alla combinazione binaria e monossilabica di assenso/dissenso, ma non ottiene granchè. Così inizia a tener discorsi di natura umanistica stile conferenza (aiutato anche dal suo esser prof si greco e latino in pensione), oppure cerca di deriderlo, ma niente da fare. Alcun cenno. Palamède resta lì, due ore al giorno, infastidito da qualsiasi discorso, infastidito pure dal silenzio, perchè Emile prova anche questo. Provare a non aprirgli la porta alle 16.00? Palamède quasi la butta giù a suon di colpi. Juliette e suo marito allora lo costringono a venire a cena in compagnia di Bernadette, perchè si, Palomède è coniugato. E se il Rompiscatole è grassoccio, Bernadette è ciò che Emile definisce un'enorme, immensa, abnormal cisti, e che emette muggiti, non parole. Ma con un particolare: Bernadette almeno mostra entusiasmo per il cibo, per il sonno, e più in là si scoprirà che sa entusiasmarsi per una margherita, o per un cielo terso. Il problema grande è Palomède, che è irritato con qualsiasi cosa abbia a che fare con la Vita, in ogni sua forma. Nella casa dei vicini: sporcizia, puzza, disordine. E in mezzo a tutto ciò, spicca però un particolare: una ventina di orologi in ogni stanza. Mentre il resto del mondo (o quasi tutto) usa l'orologio per comodità, ma poi lo accantona perchè, in fondo, ma chi desidera che il tempo passi? Palomède invece non vede l'ora di arrivare alla fine dei suoi giorni. Ogni secondo in più è uno in meno da vivere. Fino a quando non tenta il suicidio a settant'anni. Suicidio interrotto da Emile, che lo salva dal gas. Ovviamente Palomède sarà irritato anche per questo. Il libro termina con Emile che, esasperato, avverte Palomède che può tentare di nuovo di suicidarsi, e di star tranquillo, perchè non lo fermerà. Palomède scoppia a ridere, per la prima volta, in maniera un pochetto infernale. Ergo ad Emile non resta che una scelta: l'unico sistema per far stare davvero bene quel gran Rompiscatole è farlo fuori. Perciò una notte entra in casa sua, si dirige nella sua stanza, e lo soffoca con un cuscino; Palomède è cosciente dell'arrivo di Emile, e non lo ferma, si lascia uccidere. Il libro era cominciato con un preciso incipit di Emile: "Non sappiamo niente di noi. Ci crediamo abituati ad essere noi stessi. E' il contrario. Più gli anni passano e meno capiamo chi sia la persona nel nome della quale agiamo e parliamo." Emile, così come sua moglie Juliette, sono l'emblema stesso della Vita: la amano, la amano da pazzi, e la celebrano di continuo, innanzi tutto con l'amarsi a vicenda in modo del tutto tenero, comprensivo; il loro amore è intesa, complicità, è ironia, è dedizione. Palomède è l'antitesi di tutto questo, e così il rapporto che esiste tra lui e Bernadette. Il Rompiscatole riesce a scardinare le certezze intrinseche di Emile su Emile: attraverso lo scontro subodolo con Palamède si scopre pusillanime, vecchio, bugiardo, si sente scaduto agli occhi di Claire, la sua allieva preferita, e si scopre addirittura omicida: tant'è che arriva ad uccidere Palamède, e a non confessarlo mai a Juliette, con la quale aveva sempre condiviso ogni pensiero, ogni istante, qualsiasi cosa, per sessant'anni. Eppure, il libro termina con una consapevolezza ben precisa: Non avevo giudicato la vita altrui secondo i miei criteri, non avevo compiuto un gesto che mi sarebbe valso la stima della gente normale. Tutt'altro: ero andato controcorrente rispetto alla mia stessa natura, avevo dato la precedenza non alla mia salvezza ma a quella del prossimo, senza possibilità alcuna di incontrare l'approvazione dei miei pari; avevo calpestato le mie convinzioni, il che non è gran cosa, ma anche la mia passività innata, il che è notevole, per esaudire il desiderio di un pover'uomo, perché fosse esaudita la sua volontà, non la mia. Insomma, mi ero comportato generosamente: la vera generosità è quella che nessuno può comprendere. Appena la bontà si preoccupa dell'ammirazione, non è più bontà.

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Amélie Nothomb

1967, Kobe (Giappone)

Scrittrice belga. Figlia di un ambasciatore membro di una delle famiglie più in vista del suo paese ha trascorso l'infanzia in Giappone, per poi trasferirsi in Cina al seguito del padre diplomatico.I suoi libri hanno ormai conquistato milioni di lettori e fans appassionati. L’esordio a soli ventitré anni con Igiene dell’assassino, cui ha fatto seguito, ogni anno, un romanzo accolto con identico successo. Laureatasi, decide di ritornare a Tokyo per approfondire la conoscenza della lingua giapponese studiando la «langue tokyoïte des affaires»: assunta come traduttrice in una enorme azienda giapponese, vive un'esperienza durissima che racconta in seguito nel libro Stupore e tremori, che riceverà il Grand Prix du Roman dell'Académie...

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