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Da quando la psicoanalisi si è imposta all’attenzione della scienza psicologica clinica, la letteratura denuncia una certa carenza di studi e di ipotesi che riguardano quello che potremmo definire “l’altro versante” su cui si modella la crescita dell’infante, cioè il padre. Il tentativo di Carmela Guerriera è proprio quello di sottrarre la figura paterna a questo cono d’ombra, accentuando invece la crucialità delle interazioni, reali quanto fantasmatiche, che il bambino instaura con il proprio padre fin dai primi giorni di vita; un’interpretazione della paternità come presenza senza dubbio concreta nella vita del figlio e in quello della madre/moglie, ma nello stesso tempo immaginativa e fantasmatica. Passando al setaccio ciò che propone la teoria psicoanalitica sul ruolo del padre nella nascita psicologica del soggetto, l’autrice pone l’accento su come la funzione paterna sia stata per lo più indagata soltanto come contraltare di quella materna, segnalando perciò l’assenza ingiustificata di studi più puntuali e diretti che invece indaghino il ruolo paterno come strutturante a sé stante della psiche del bambino di cui si propone come genitore. Nella seconda parte del volume, la Guerriera illustra i risultati di alcune ricerche qualitative da essa svolte circa la funzione paterna attraverso le fasi di crescita ed evoluzione del soggetto, quindi dalla nascita all’infanzia sino all’adolescenza; particolare attenzione è posta ad alcuni esempi di prolungamento della fase adolescenziale o di “impasse” evolutivo, sui quali ben si presta l’analisi sensibile e competente dell’autrice circa il ruolo paterno. Ampio spazio è infine dedicato ad alcune esemplificazioni cliniche, adoperate come importanti spunti di discussione. “Il padre nella mente” è un testo agile e dall’eloquio scorrevole, ma non per questo privo di quella profondità concettuale che merita un’opera di studio psicoanalitico, in un’area teorica la cui definizione psicoanalitica risulta tanto problematica e difficoltosa.
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