Immersione

Le prime pagine del romanzo

Tutto è cominciato quando sei nato tu. Per te.
Tutto è finito quando sei nato tu. Per noi.
Io, tuo padre. Lei, tua madre. La vita è stata la nostra morte. La morte di quel noi, quell'entità di carne e anima che aveva presieduto alla tua nascita: un uomo e una donna che si amavano.
La verità non esiste, come tutti gli assoluti che non raggiungiamo mai.
Non posso che offrirti la mia verità. Imperfetta, imparziale, ma del resto come potrebbe essere altrimenti?
Mancherà sempre la sua verità, la sua versione dei fatti, la sua sensazione, il timbro della sua voce se potesse ancora parlarti, i suoi gesti, il suo stile, se avesse deciso di scriverti. Ma lei, che io sappia, non ha lasciato nessun nastro, nessuna registrazione, né lettera o quaderno dell'ultimo periodo della sua vita. Niente altro, ma forse è già molto, che questi quadri intessuti col filo blu. Nella profondità dei quali un giorno dovrai leggere.
Io l'ho amata e detestata, tua madre, tanto vale essere onesto con te. Anche se la cosa non ti riguarda, che coppia siamo stati. Una coppia è la guerra. Lo vedrai quando ti innamorerai.


Un brano dell'intervista di Christophe Ono-Dit-Biot sulla Lettura del Corriere della Sera

C’è un lungo passaggio nel quale César spiega a Paz perché preferisce restare al sicuro in Europa invece che correre rischi nei Paesi lontani. È un atteggiamento ancora sensato, dopo gli attentati dell’Isis?
«Era ed è sempre di più un’utopia. Ma io ci credo ancora. L’Europa resta il luogo della libertà di espressione più ampia e dove gli attentati fanno meno vittime. Dove possiamo entrare nei musei e riconnetterci con il passato».

César allo stesso tempo è critico di certi tic dell’Europa culturale, per esempio definisce certe cene mondane un check-up dello stato di salute professionale.
«Perché la sua non è una posizione cieca, non è un ingenuo. Paz è più dogmatica nelle sue posizioni, è una ventenne che ha voglia di mangiarsi il mondo, non sopporta più la civiltà e ha un grande sogno alla Henry David Thoreau, vuole meno uomini e più ossigeno. César è più autocritico e autoironico, ma continua a credere sinceramente, come me, nell’Europa della cultura. È colpa degli artisti e delle istituzioni culturali se abbiamo lasciato l’Europa alle lobby e alle istituzioni che regolano il leggendario tasso di curvatura delle banane. Non abbiamo mai fatto l’Europa della cultura, i libri escono in epoche totalmente differenti tra un Paese e l’altro, non ci sono grandi festival europei in cui si parli di questo. L’Europa è questa piccola principessa fenicia allevata da un dio che l’aveva trovata carina, non Bruxelles».