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La scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l'Italia provocò la prima guerra mondiale
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La scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l'Italia provocò la prima guerra mondiale - Franco Cardini,Sergio Valzania - copertina
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scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l'Italia provocò la prima guerra mondiale

Descrizione


All'inizio di agosto del 1914 scoppia la prima guerra mondiale. L'Italia rimane estranea alle ostilità fino al 24 maggio 1915, ma le sue responsabilità in relazione al conflitto sono molto gravi e risalgono a qualche tempo prima. Nel 1911 l'Europa è infatti in un sostanziale equilibrio, lo sviluppo economico è tumultuoso e le grandi potenze hanno risolto quasi tutti i loro contrasti coloniali: l'unico elemento di instabilità viene dall'impero ottomano, il cui collasso porterebbe a conseguenze imprevedibili. In particolare è preoccupante la situazione nei Balcani, dove i nazionalismi serbo, bulgaro, greco e rumeno aspirano a un riassetto generale della regione a spese dei territori appartenenti a Costantinopoli. Dopo oltre un quarantennio di pace fra le potenze del continente, è l'Italia che riapre la stagione dei conflitti, invadendo le province ottomane di Tripolitania e Cirenaica. Giolitti, indifferente ai problemi continentali, è alla ricerca di una vittoria militare di prestigio che taciti le opposizioni di destra e rifiuta ogni offerta di cessione di fatto dei territori avanzata da Costantinopoli, conservandone la sovranità nominale, sull'esempio dell'Egitto e dell'Algeria, da anni protettorati inglese e francese. Nasce così l'impresa di Libia, inutile e proditorio attacco all'impero ottomano.
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Dettagli

2015
Tascabile
3 febbraio 2015
208 p., Brossura
9788804648307

Valutazioni e recensioni

Renzo Montagnoli
Recensioni: 4/5

Le mie reminiscenze scolastiche di storia dicono che l’attentato del 28 giugno 2014 in cui restarono uccisi l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia fu la causa scatenante del primo grande conflitto mondiale, che coinvolse, senza una loro precisa volontà e per tutta una serie di circostanze Austria, Germania, Russia, Francia e Inghilterra. All’epoca in cui appresi queste nozioni restai perplesso e nel tempo, maturando, i dubbi da ipotetici divennero certezze, perché sarebbe un movente troppo semplicistico per spiegare le origini di un conflitto così sanguinoso. Del resto nela storia non accade nulla d’improvviso, ma un fatto è spesso conseguenza di avvenimenti accaduti addirittura anni prima. E’ molto più logico presupporre che lo scontro armato sia derivato da quella gran polveriera che erano i Balcani, da cui progressivamente era stato estromesso l’impero ottomano, ormai intrinsecamente debole e da tempo in continua decadenza, ma, per quanto fosse una pallida idea di quanto fu alcuni secoli prima, tuttavia costituiva ancora una potenza non disprezzabile, tanto da frenare i desideri di ampliamento degli stati balcanici. Solo la dimostrazione di una palese incapacità dei turchi di far fronte militarmente a un nemico avrebbe potuto dar fuoco alle polveri accumulate in Serbia, Bulgaria, Montenegro, Grecia, e fu proprio il nostro sbarco in Libia che accese questa miccia. Certo ci si chiede che interesse avesse l’Italia di creare una colonia in una zona che, tranne lungo la costa, era esclusivamente desertica, con nessuna risorsa (ancora si ignorava chelnel sottosuolo ci fossero ingenti giacimenti di petrolio), una domanda per cui vi è una risposta ufficiale, vale a dire creare uno sbocco occupazionale per risolvere il cronico problema della disoccupazione italiana, ma la verità era un’altra. Giolitti, Presidente del Consiglio, per motivi interni, cioè per tacitare le opposizioni di destra e nel contempo per contrastare le giuste rivendicazioni sociali delle masse necessitava di una guerra, facile da vincere e non troppo onerosa. La Turchia, debole, cercò una soluzione adeguata, tipo un protettorato italiano, pur mantenendo almeno ufficialmente la titolarità su quel territorio. E’ ovvio che questo non andava bene per noi, perché necessitavamo di una guerra combattuta, ede è così che ci imbarcammo nell’avventura di Libia, un conflitto che avrebbe dovuto durare al massimo un paio di mesi, ma che durò anni. Fu quando ci si accorse finalmente che per ottenere a pieno titolo la Tripolitania e la Cirenaica occorreva mettere l’impero ottomano con le spalle al muro, cioè mostrando i muscoli sotto le sue coste, che si riuscì a vincere la guerra, ma non la guerriglia. E fu allora che mostrati palesemente i propri limiti la Turchia si vide costretta a fronteggiare militarmente alleanze degli stati balcanici, sostenute dall Russia. Ciò tuttavia non spiega perché le maggiori potenze diedero vita al primo grande conflitto mondiale e la risposta si trova in questo bellissimo saggio; Franco Cardini e Sergio Valzania infatti scrivono: “La guerra del ‘14 avrebbe potuto esswere evitata. Almeno alcuni paesi avrebbero potuto preferire la soluzione dei problemi interni attraverso un’adeguata politica sociale. Si preferì la strada dell’orgoglio nazionale, della demagogia irredentista, del revanscismo, ottimi mezzi, fra l’altro, per distogliere le masse dai loro veri problemi.”. Quindi se l’Italia diede il via, gli altri alla prima occasione utile ne seguirono l’esempio, pur di non venir incontro alle esigenze di giustizia ed equità reclamate a gran voce dai lavoratori, sensibili alle crescenti ideologie socialiste, un bell’esempio di strapotere capitalisco che in guerra non vide solo l’opportunità di incrementare considerevolmente gli utili, ma anche un freno alla spinta delle masse tese a ottenere migliori condizioni di vita, oltre una provvidenziale riduzione numerica delle stesse, e se ciò non fosse bastato, c’era sempre la possibilità di dare vita a un regime che nell’illusione di una grandezza nazionale avrebbe soffocato qualsiasi tentativo di ottenere una concreta politica sociale, come avvenne poi in Italia con l’avvento del fascismo e in Germania con l’ascesa al potere del nazionalsocialismo. Cardini e Valzania hanno realizzato un lavoro di notevole interesse, in cui le ipotesi, sulla base di adeguate documentazioni, poco a poco si rivelano esatte, fornendo un quadro che aiuta non poco a spiegare ciò che accadde prima della Grande guerra, con effetti anche negli anni successivi. Quindi La scintilla merita senz’altro di essere letto.

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Franco Cardini

1940, Firenze

Franco Cardini è professore ordinario di Storia medievale presso l'Università di Firenze, e come giornalista collabora alle pagine culturali di vari quotidiani. Professore Emerito dell'Istituto Italiano di Scienze Umane alla Scuola Normale Superiore di Pisa, da mezzo secolo si occupa di crociate, pellegrinaggi, rapporti tra Europa cristiana e Islam, anche trascorrendo lunghi periodi di studio e insegnamento all'estero. Ha fatto parte dei consigli d'amministrazione di Cinecittà e della Rai. La sua produzione di saggi storici, sia specialistici che divulgativi, è copiosissima. Tra questi ricordiamo L'avventura di un povero crociato (Mondadori, 1998), Giovanna D'Arco (Mondadori, 1999), I Re Magi. Storia e leggende (Marsilio, 2000), Il Medioevo (Giunti Junior, 2001),...

Sergio Valzania

1951, Firenze

Storico e studioso della comunicazione, autore radiofonico e televisivo, dal 2002 al 2009 ha diretto i programmi radiofonici della Rai. Dal 2001 insegna all'Università di Genova e dal 2010 alla Luiss di Roma. Ha scritto su «La Nazione», «Avvenire», «la Repubblica», «il Giornale», «L'Indipendente», «Liberal». Fra le sue opere di storia militare pubblicate con Mondadori ricordiamo: Jutland (2004), Austerlitz (2005), Le radici perdute dell'Europa (con Franco Cardini, 2006), Wallenstein (2007), I dieci errori di Napoleone (2012), U-Boot. Storie di uomini e sommergibili nella seconda guerra mondiale (2011), I dieci errori di Napoleone. Sconfitte, cadute e illusioni dell'uomo che voleva cambiare la storia (2012), La...

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