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Anno edizione: 2019
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Ogni testo teatrale di Stefano Massini cambia modelli e schemi, e nessuno è mai una copia del precedente. Quasi sempre le fonti di ispirazione stanno fuori dalla storia del teatro e guardano ad altre forme espressive letterarie o cinematografiche.
Anche per Stato contro Nolan , piú che a precedenti teatrali, viene da pensare a uno specifico genere cinematografico, quello del film processuale, praticato anche da grandissimi maestri come Hitchcock e Wilder (e forse non è un caso che del nuovo lavoro di Massini siano già stati venduti i diritti cinematografici a un'importante casa di produzione internazionale). Ogni testo è diverso, ma tutti sono attraversati da una fortissima vena etico-politica. E certamente il processo a Herbert Nolan, direttore del giornale di una piccola città di provincia nell'America degli anni Sessanta, è qualcosa che ci tocca direttamente, piú attuale che mai. Nolan è accusato di aver manipolato l'informazione per scopi privati: l'uccisione di un vagabondo scambiato per un rapinatore o stupratore era stata montata in modo da creare una paura diffusa in tutta la contea, cosí che gli abitanti si armassero per difendere le loro case. La locale azienda di armi aveva moltiplicato i profitti, e Nolan, che ne era un importante azionista, si era arricchito. Ma al di là del conflitto di interessi, alla base di tutto il testo stanno i meccanismi della costruzione di un clima di paura nella collettività. Il dibattimento diventa un processo alle parole, al loro valore e al loro potere, alla generazione di fake news , che non è molto diversa dalla costruzione dei miti.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Massini ha toccato in questo testo teatrale alcune tematiche cruciali della nostra contemporaneità: il controllo del potere sugli individui, l’abilità manipolatoria dei media, il pregiudizio generalizzato nei riguardi del diverso, la smania di successo e di ricchezza economica, le responsabilità dell’apparato giuridico, e soprattutto l’ambiguità dei messaggi verbali a cui tutti ci affidiamo, per nostra ingenuità o rassegnazione. La causa in giudizio, che rimane senza verdetto finale, verte essenzialmente sul diritto della stampa di conquistare l’interesse dei lettori anche servendosi di metodi poco onesti, falsificando i particolari dell’accaduto, esaltando o denigrando i protagonisti, ingigantendo titoli e fotografie. Più precisamente, si discute sul valore pubblico delle parole scritte. Come argomenta un cronista accusato di calunnia: “Usare le parole è rischiare: chiunque parla, chiunque scriva, chiunque si rivolga – in qualsiasi modo – a un altro essere umano, accetta di buon grado il pericolo di essere frainteso, usato, distorto… La normalità dei fatti non interessa mai, ma appena la normalità si spezza, lì c’è spazio per scrivere”. Quando le parole vengono stampate, da umane quali sono, diventano magia, “sono eterne, immobili, nero su bianco, scritte come scritta è la Bibbia, scritte come scritte sono le leggi”. Producono echi assordanti, germogliano nei pensieri della gente, che non desidera altro se non di essere confermata nelle sue teorie e difesa dalle proprie paralizzanti paure. Le parole sono pietre, possono orientare e disorientare, condannare e scagionare, santificare o distruggere. Lo sa bene Stefano Massini, che dal 2016 collabora al secondo giornale più venduto e letto in Italia, e da mesi firma un’interessante rubrica di successo proprio sul significato etimologico dei modi di dire e dei termini più comuni. La Repubblica, testata del Gruppo GEDI proprietà della famiglia Agnelli-Elkann, detiene il 25% del mercato editoriale nazionale. 10,45 € 11,00 € Venduto e spedito da IBS Disponibilità immediata 9 offerte di prodotti nuovi Linea intera, linea spezzata Milo De Angelis LIBRI Recensito giovedì 28 gennaio 2021 In questo nuovo libro (dal cantabile novenario del titolo, con l’anafora allusiva a una regolarità drammaticamente infranta) De Angelis si concede a una confidente apertura sentimentale, rinunciando sia ad arroccarsi in ermetismi difensivi, sia a trasgressive violazioni formali. Ne sono avvisaglia i versi dolcissimi (nella loro armoniosa musicalità e nel riverbero di una recuperata e fragile adolescenza) riportati sulla quarta di copertina: “E allora facciamo silenzio, mio piccolo amore, slacciamo / i sandali, togliamo il braccialetto di cuoio: / chiuderemo la porta e scenderemo, scenderemo / con i nostri pochissimi anni nell’occulto che ci chiama, / mentre il pavimento prende il colore della notte, / scenderemo noi due, scenderemo noi soli, perderemo / la vita”. La Milano dell’infanzia e degli anni giovanili fa da sfondo brumoso alle prime due sezioni del volume, una Milano rivissuta nei suoi tram e negli ambienti frequentati allora (edifici scolastici, sale di biliardo e di bowling, lunapark, campetti sportivi, piscine, cinemini periferici), e oggi contemplata di notte (“la notte che ti scruta e ti attende” è momento privilegiato nella poetica dell’autore), in sguardi che abbracciano dall’alto elementi architettonici di contrasto, o girovagando “con i passi del fuggiasco” tra le risaie della Barona e i grattacieli, bar malfamati e chiese romaniche. Affiora la consapevolezza, in un terrore che spesso sfocia nell’incubo, dell’inessenzialità e trascurabilità delle vite comuni, a cui si può sfuggire solo aggrappandosi alla concretezza di un vissuto personale, privato, che sappia illudere della propria unicità. Notte, paura, ricordo, silenzio, morte/morti sono i termini più ricorrenti nei versi di Linea intera, linea spezzata, e assediano il poeta in un delirio di visioni allucinatorie, di spettri o minacciose figure fiabesche (“senti ardere le sinapsi, entri nel dedalo / delle piccole convulsioni”), a cui nemmeno la dolcezza della memoria sembra offrire salvezza.
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