Oltre Pompei. Graffiti e altre iscrizioni oscene dall'Impero Romano d'Occidente

Il desiderio (o il bisogno) narcisistico insito in ogni essere umano di esternare e condividere il suo pensiero, le sue idee, il suo malessere o la sua felicità, le rimostranze o gli apprezzamenti nei confronti del potente di turno, era lo stesso duemila anni fa come oggi. E prima dell'avvento dei social e della rete, muro virtuale ove incidere indelebilmente la propria voce, erano mura, colonne, pareti di bagni pubblici, fori, mercati le vetrine e le bacheche dove poter far conoscere a tutti le libertine virtù di una matrona, le ambigue propensioni sessuali di un senatore, la scarsa stima politica verso un candidato o gli auguri per rapide dipartite a rivali in amore. Ovviamente il tutto espresso nel linguaggio colorito (eufemismo) del cosiddetto uomo della strada, senza la censura dell'odierna intelligenza artificiale dei social o del politicamente corretto che tutto edulcora e livella. Un testo scientifico destinato agli studiosi della materia che approccia filologicamente uno spaccato vivo, crudo e reale della società romana di duemila anni fa. Perché tutto cambia perché nulla cambi.