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Il periodo preso in esame nel primo volume (1890-1920) si concentra sulla sua infanzia e sulla sua giovinezza e sull’educazione ricevuta. Nel libro si narra, con dovizia di particolari che rendono gustosa la lettura all’appassionato, di come Lovecraft crebbe in una famiglia agiata ma purtroppo alcuni avvenimenti nefasti, come il ricovero del padre e la morte della madre, ne minarono il carattere. La madre lo dominava in tutti i modi facendogli credere di essere talmente brutto da terrorizzare i suoi coetanei. Alla fine verrebbe da dire che per godere del sublime magari serve una madre troppo possessiva. All’epoca HPL si considerava un fervente pagano. Wipple Phillips era inoltre un amante della letteratura gotica (in particolare della Radcliffe) e apparentemente meno di Poe. Tuttavia fu proprio la lettura di Poe a dare un vero e proprio scossone nervoso a Lovecraft. Fra il 1919 e il 1921 conobbe la narrativa di Lord Dunsany che per lui rappresentò un’influenza molto importante nella prima fase della sua narrativa (oggi i cosiddetti “racconti dunsaniani” ci appaiono i più noiosi della sua produzione). Ebbe modo di leggere la narrativa dell’altro suo grande maestro Arthur Machen solo nel 1923 e quella di William Hope Hodgson (molto importante nel definire il suo orrore cosmico) solo nella fase finale della sua esistenza. Ha avuto una comprensione profonda della narrativa weird, un genere di cui conosceva i meccanismi e che ha rinnovato profondamente spostando l’orrore dagli antichi e vecchi orpelli gotici al cosmo. Fra le sue passioni dell’epoca, oltre alla letteratura fantastica e all’amore per “l’antico e il perenne”, c’era anche la scienza (divenne un chimico provetto). Si interessò inoltre di astronomia e ipotizzò l’esistenza di Plutone prima della sua scoperta. Punto dolente fu il suo essere razzista (in una lettera si definisce orgogliosamente antisemita).
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