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Anno edizione: 2009
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L'autore Yehoshua Bar-Yosef non è da confondere con Gesù di Giuseppe, ovviamente: è solo un omonimo. Indovinate chi è il traduttore? Antonio di Gesù. Nato in una famiglia di ebrei ortodossi, si discostò dalla stretta osservanza per diventare scrittore e giornalista. La storia del libro riguarda almeno sotto questo aspetto il dibattito interiore che deve aver vissuto l'autore. Il protagonista Asher sente fortemente in sé la spiritualità della tradizione ma non è disposto a esserne limitato intellettualmente. In altre parole, possiede la grande disposizione allo studio degli ebrei osservanti ma non vuole rivolgerla solo alla Torah. Ha la sua biblioteca proibita, dove chiude i libri che esulano dalla religione. Ha fatto il passo che molti altri ebrei ashkenaziti hanno fatto e li ha portati ai vertici della cultura, scientifica e artistica: solo che lui vive a Meah Shearim, il quartiere degli ebrei ortodossi di Gerusalemme, dove è più opportuno non andare a disturbare, e vuole continuare a viverci: i momenti di inquietudine lo portano a fare brevi vacanze a Tel Aviv. Il racconto è estremamente interessante e ben scritto, sia come documentario di una cultura e società religiosa poco conosciuta che come storia di un'anima che vive sotto mentite spoglie, senza la volontà di rivelarsi nella sua natura e abbandonare la propria posizione sociale. Il protagonista ha anche altri motivi di travaglio interiore, quelli suggeriti dal titolo; coltivati sfiorando con gli occhi le membra degli adolescenti per strada, indagati intellettualmente con curiosità, sfuggiti per timore di ostracismo sociale. Attraverso il suo monologo interiore conosciamo la moglie ,che intuisce qualcosa e lo aiuta a mantenere l'irreprensibilità esteriore; il suocero, uomo molto pio che combatte sconvolto il franare della moralità dei figli. Un passo molto bello riguarda il suo incontro a Tel Aviv con una sorta di vecchio Aschenbach (noto solo ora la somiglianza dei nomi) che gli racconta sinceramente la sua rovina completa, iniziata ammirando i suoi giovani studenti e conclusa con la cacciata dalla scuola e gli incontri furtivi con giovani sprezzanti. E' un libro che unisce scrittura lieve e fluente a una raffinata introspezione psicologica: una bella lettura.
Il libro è intenso e coinvolgente. La vicenda si svolge nel cuore del più tradizionalista dei quartieri di Gerusalemme, la Meah Shearim, cioè le 100 porte, comunità difficile da penetrare, roccaforte del giudaismo più ortodosso. Qui gli abitanti, i chassidim, seguono alla lettera gli antichi precetti e ogni devianza è considerata sacrilega. Il protagonista,Asher, lucidissimo e rigoroso, vive il dramma interiore di abbracciare solo esteriormente la sua fede perché, razionale com’è, si rende conto dell’inutilità di numerose norme di comportamento e di osservanza dettate dalla religione. Egli assume dunque di fronte alla comunità ma anche alla sua famiglia, la maschera della rispettabilità, ma anche ovviamente quella della solitudine. La famiglia, i figli capiscono le contraddizioni del padre, la sua infelicità ma rispettano tutti le apparenze che l’ambiente impone. Ma verso la fine del libro, Asher venendo a contatto più stretto con il suo giovane cognato, si accorgerà di essere attratto in modo eccessivo dal ragazzo e ne rimarrà profondamente sconvolto. Il suo amore “proibito” non potrà avere una conclusione, proprio per l’impossibilità che tale rapporto possa realizzarsi nell’ambiente in cui essi vivono. Il linguaggio è semplice, asciutto, quasi a voler sottolineare il senso di dolore e di frustrazione delle sensazioni e dei sentimenti provati da Asher, che narra in prima persona tutte le vicende. Le pagine di Bar – Yosef ci mettono a nudo il disagio e il tormento profondo provato da un’anima!
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