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"In una delle rovine del ghetto di Varsavia, tra cumuli di pietre carbonizzate e ossa umane, sigillato con cura in una piccola bottiglia, fu trovato il seguente testamento, scritto da un ebreo di nome Yossl Rakover nelle ultime ore del ghetto." L'autore di questo brevissimo testo, pubblicato nel 1946, è Zvi Kolitz, ebreo lituano la cui famiglia fu sterminata. Il libro è l'ultimo messaggio scritto da un combattente del ghetto polacco, mentre la morte sta incombendo. Il personaggio chiama in causa Dio e il suo silenzio di fronte al trionfo dell'orrore. Così l'intensa e dura invettiva contro Dio diventa simbolo e sorta di eredità di chi si rivolta contro il male e l'ingiustizia. "Le belve della foresta mi sembrano così amabili e care che è per me un profondo dolore sentire paragonare a belve gli scellerati che dominano l'Europa. Non è vero che Hitler ha in sé qualcosa di bestiale, è un tipico figlio dell'umanità moderna, ne sono profondamente convinto. È stata l'intera umanità a generarlo e a crescerlo, ed egli è il più sincero interprete dei suoi intimi e segreti desideri."
Le pagine più drammatiche, sconvolgenti e religiose che abbia mai letto non tanto sulla shoah quanto e soprattutto sull’uomo, quando la “il sonno della ragione”non solo “crea mostri” ma mette a nudo gli istinti più bestiali dell’uomo contro i quali anche l’uomo più mite e giusto si confonde!. Queste pagine, come uno schiaffo, ti costringono a scendere dentro la tua intima essenza di essere umano e ad interrogarti e allora ti confronti con Yossl Rakiver e ti domandi quanto è grande il tuo amore per Dio di fronte a tutte le atrocità e le disgrazie che si abbattono sugli innocenti. L’importanza di queste poche pagine va ben al di là delle polemiche della sua composizione.
Pensavo che sugli episodi di antisemitismo nazista fosse stato tutto già detto, già scritto. Invece arriva un messaggio in bottiglia, chiara finzione letteraria, di trenta pagine, a farmi venire i brividi e a fare interrogare sui rapporti in generale e sul rapporto con Dio in particolare. A chi continuamente si chiede " perchè proprio a me?" mi viene da rispondere con una delle domande del protagonista: DIO, dove sono i confini della tua pazienza? Si tratta di un testo che lascia riflettere moltissimo sulle nostre vicende ordinarie e sulla integrazione fede-vita. E soprattutto, lascia ancora testimonianza delle rivolte ebree contro l'ingiustizia subita.
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