Anche se inizialmente mi ero convinta fosse un misto tra Shogūn e Memorie di una Geisha, mi sono subito resa conto che del secondo, in realtà, portava solo la promessa delle sensazioni, cioè quelle che ti da solo l’amore incondizionato, che segna i tuoi passi e il tuo destino, che ti fa essere più forte di quello che pensi di poter essere. Di Shogūn (ho visto solo la serie ma vorrei recuperare i libri), invece, ha molto di più, e probabilmente per questo, oltre che rapirmi, mi ha anche affascinata. Ma vi dirò ancora di più, oltre queste premesse ce n’è un’altra: una buona dose di Outlander tutto al giapponese. Con tutti questi elementi messi insieme il rischio di una delusione era grande, grandissimo, e invece mi ha convinta. Isla, la protagonista, va in Giappone alla ricerca della verità sulle sue origini, ma durante un tifone viene catapultata in un posto molto lontano: un secolo prima. Un secolo che ha segnato la storia giapponese, il secolo degli ultimi samurai, figure affascinanti che seguono senza esitazione il loro codice d’onore, il Bushido, che vivono con la loro katana e che sono pronti a morire per i loro principi e i loro compagni. Isla diventa parte di quel tempo, talmente tanto da non voler più tornare indietro, talmente tanto da innamorarsi. Ma Isla conosce anche il futuro, si domanda perché la vita l’abbia portata proprio lì, a quel tempo, si interroga quanto sia giusto cambiare il passato e su quanto questo possa avere conseguenze sul suo futuro, lì, dove si trova la sua famiglia. Tra realtà e immaginazione, questa non è solo una storia d’amore, di un amore fortissimo, ma è anche una storia d’amicizia, di perdite, d’onore, di lotte, una tragedia già scritta che mi è entrata nel cuore e mi ha commossa.
