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"Il poema del vento e degli alberi", di Keiko Takemiya è sicuramente uno dei manga che più hanno consacrato il genere shojo, impostando quelli che ne sarebbero diventati gli stilemi, la rappresentazione dei personaggi, l'allegoria delle tavole che racchiudono significati su significati. Ma al tempo della sua uscita, nel 1976, segnò anche la svolta nell'ambito lavorativo dei mangaka, soprattutto per quanto riguardava il ruolo delle donne all'interno dell'universo del lavoro da mangaka, oltre che a quello che, in un Giappone che stava ancora facendo i conti con le sue tradizioni patriarcali e l'ancora recente cambiamento sociale dovuto all'incontro col mondo occidentale, era il modo in cui le donne potevano raccontare della sfera intima ed emotiva. Da questo punto di vista, "Il poema del vento e degli alberi" fu non solo una pietra miliare ma anche una pietra dello scandalo, con la sua storia dai tempi estremi e a volte anche scabrosi. Sullo sfondo di un collegio francese, i destini di due ragazzi, entrambi reietti per diverse ragioni, Gilbert per la sua condotta di vita decadente e peccaminosa, Serge per le sue origini, si incrociano in un percorso d'amore e di salvazione.