The Taming of the Queen

C'era una volta un'onesta autrice di romanzetti storici che conquistò le librerie con la storia di un triangolo amoroso alla corte dei Tudor. Oggi Philippa Gregory non è più quell'autrice, o meglio finge di non esserlo, essendosi autoproclamata una storica femminista. I suoi romanzi si ammantano di una pretesa intellettuale e nel frattempo arrancano verso la fine senza un briciolo d'ispirazione, macinando stereotipi, reiterando gli stessi concetti all'infinito e non facendo quasi distinzione tra una protagonista ed un'altra (qui la colta plurivedova Caterina Parr è poco più di una Maria Bolena con una spruzzata di intelligenza aragonese). La Caterina di questo romanzo è un déjà-vu di ragazzina graziosa che ha bisogno di una parente più sveglia e navigata per muoversi nella mondanità di una corte che dovrebbe conoscere. Domina, come sempre, lo stereotipato Enrico Barbablù, qui protagonista di una scena che crea non poco imbarazzo non tanto per la propria trovata quanto per il fatto che a una scrittrice sia venuto in mente di inventarsela. La vera novità di "The Taming of the Queen" è che stavolta Philippa Gregory non prova nemmeno a seguire pedissequamente l'accuratezza storica di cui in genere si dichiara paladina, trasformando non solo la sua protagonista in una ragazzetta senz'arte né parte ma anche il suo amante, il noto cialtrone Thomas Seymour, in una sorta di eroe romantico.