La valle felice
Un’alta valle vicino a Teheran, nella quale Annemarie Schwarzenbach si era recata, insieme all’uomo che aveva appena sposato, il diplomatico francese Claude Clarac – matrimonio alquanto particolare, date le tendenze omosessuali di entrambi -, diventa il fulcro della narrazione di La valle felice. Ma di felicità non vi è traccia in questo testo. La valle fa da sfondo ad un io profondamente infelice, devastato, malato di nostalgia, che si lascia andare al “rapido sollievo” della droga, chiamata anche “la mano che scende dalle nuvole”, e che cerca un breve momento di felicità con Jalé, una giovane turca. Un Io che ha perso ogni punto d’appoggio e che vede intorno a sé solo un paesaggio nudo, impietoso, troppo vasto. Un io frammentato che cerca disperatamente di ricomporsi, così come cerca di ricomporre il mondo intero che sta franando. E’ anche, in definitiva, un io profondamente ambiguo, definito al maschile ma che ha ben pochi tratti virili; si tratta anzi di una virilità dalle cui crepe emerge costantemente il carattere femminile della voce narrante.
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Anno edizione:1998
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