Con Cose che non si raccontano, Antonella Lattanzi firma un libro intimo e potente. Il suo libro. Un’opera che nasce da un’esperienza personale dolorosa — la ricerca difficile, e per anni frustrata, di un figlio — ma che diventa molto più di un memoir. È letteratura capace di trasformare il dolore individuale in voce collettiva, politica, universale. Lattanzi scrive con una sincerità che disarma. Racconta il corpo femminile come terreno di battaglia, di desiderio e di perdita. Senza compiacimenti, senza retorica. La sua lingua è limpida e tagliente, attraversata da una tensione emotiva che non cede mai alla disperazione. Ogni pagina è necessaria, urgente, come se scrivere fosse l’unico modo possibile per rimanere in piedi, per esistere ancora. Ma Cose che non si raccontano non è solo la cronaca di un dolore. È un libro che illumina zone d’ombra del discorso pubblico, che rompe un silenzio lungo, culturale e sociale, su temi ancora oggi vissuti come tabù: la sterilità, l’aborto spontaneo, la pressione sociale sulla maternità. E lo fa con uno sguardo lucido e compassionevole, in grado di parlare a tutte e tutti, anche a chi non ha vissuto direttamente questa esperienza. Il romanzo è costruito con grande equilibrio narrativo: mescola memoria, ricordi privati e riflessioni collettive, con una scrittura che resta sempre ancorata alla verità emotiva. Ne emerge un libro che non consola, ma accompagna. Che non semplifica, ma racconta. Che non chiude, ma apre. Un’opera necessaria. Da leggere, da ascoltare, da condividere. Perché ci sono cose che non si raccontano. E che invece, oggi più che mai, vanno raccontate.
Cose che non si raccontano
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Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2024
Libro vincitore del Premio Wondy per la letteratura resiliente 2024 - Giuria tecnica
Presentato da Valeria Parrella nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024
Libro finalista del Premio Mastercard Letteratura 2023
Ci sono cose che non si raccontano perché le parole sono scogli nel mare. Ci sono cose che non si raccontano per vergogna, rabbia, troppo dolore, e perché se non le racconti, in fondo puoi sempre credere che non siano successe. Antonella e Andrea vogliono un figlio: adesso lo vogliono proprio, lo vogliono assolutamente. Ma è come se non ci fosse niente di semplice, nel desiderio più naturale del mondo: tutto ciò che può andare storto andrà storto, anche l’inimmaginabile.
Antonella Lattanzi ha trovato parole esatte per questa storia, che è sua e di tutte le donne – ambiziose, indecise, testarde, libere di scegliere. Un libro emozionante, che non si riesce a smettere di leggere, straordinariamente contemporaneo.
«Questo libro mi ha toccato nel profondo. La letteratura è un’arte magica, e Antonella Lattanzi ha scritto un romanzo che è una benedizione, una maledizione, una catarsi» - Nicola Lagioia
Non è mai il momento giusto per fare un figlio. Prima vogliamo vivere, viaggiare, lavorare. Antonella vuole diventare una scrittrice: la sua è un’ambizione assoluta, senza scampo. Per questo a vent’anni, per due volte, interrompe volontariamente la gravidanza. Quando anni dopo si sente invece pronta, con un compagno a fianco, è il suo fisico a non esserlo. E così inizia l’iter brutale dell’ostinazione, dell’ossessione, della medicalizzazione. Certi supplizi, le aspirazioni inconfessate, la felicità effimera e spavalda, la sofferenza e la collera. Si direbbe una storia già scritta, ma qui non c’è nulla di consueto: è come raccontare da dentro una valanga, con la capacità incredibile, rotolando, di guardarsi e non crederci, e sfidarsi, condannarsi, sorridersi per farsi coraggio. In un crescendo di indicibile potenza narrativa, Antonella Lattanzi descrive (sulla sua pelle) la forza inesorabile di un desiderio che non si ferma davanti a niente, ma anche i sensi di colpa, l’insensibilità di alcuni medici, l’amicizia che sa sostenere i silenzi e le confidenze più atroci, il rapporto di coppia sempre sul punto di andare in frantumi, la rabbia ferocissima verso il mondo (e le donne incinte). Tenendo il lettore stretto accanto a sé, incollato alla pagina, con un uso magistrale del montaggio, capace di creare una suspense da thriller. La cosa strabiliante è che pur raccontando una storia eccezionale, e cruda, questo romanzo riesce in realtà a parlare in modo vero, e profondamente attuale, di tutte le donne – madri e non madri – che in un punto diverso della loro vita si sono chieste: desidero un figlio? qual è il momento giusto? dovrò rinunciare a me stessa, alle mie ambizioni? e perché tutte restano incinte e io no?
«Ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male. Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno. Io non voglio pensarle, quelle cose. Io voglio che non siano mai esistite. E se non le dico non esistono».
Proposto da Valeria Parrella al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione:
«Credo che l'anno trascorso sia stato ricco di bei libri, eppure io non ho dubbi, per una volta, su quello che secondo me ha meglio rappresentato la nostra letteratura ed è il romanzo di Antonella Lattanzi "Cose che non si raccontano" edito da Einaudi. È un romanzo rappresentativo di un momento privato che però sa raccontare di quanto esso sia condizionato dallo sguardo altrui, di quanto, cioè, non una società qualunque ma proprio la nostra, quella italiana degli anni 2020, quella post pandemica, possa essere giudicante e richiestiva davanti alla materia più complessa e preziosa dell'esistenza: il corpo delle donne. "Cose che non si raccontano" è un romanzo sul desiderio, anzi su due desideri da cui questo corpo delle donne molto spesso viene straziato: il desiderio di autoaffermazione, di ambizione, di realizzazione lavorativa che si scontra inesorabilmente contro un altro desiderio totalizzante: la maternità. Quando è troppo tardi per provare a fare un figlio? Vi è inoltre, secondo me, il superamento dell'ormai abusata tecnica dell'autofiction, con un felice ritorno all' autobiografia dichiarata, pura: quella, per intenderci, che viene da Natalia Ginzburg e dai più riusciti racconti di Anna Maria Ortese. Per tutti questi motivi e, non ultimo, perché credo che Antonella sia arrivata a una maturità formale compiuta, vorrei avere l'onore di presentarlo al Premio e agli Amici della domenica.»
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Anno edizione:2023
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
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ABC 23 luglio 2025Un romanzo necessario, che brucia e cura
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alegranata 28 aprile 2025Reale,crudo,bellissimo!
Il tema trattato è sicuramente delicato e forte allo stesso tempo,ma l’autrice ha saputo parlarne egregiamente,fa davvero molto riflettere.Mi sento di consigliarlo a tutte le donne in generale,madri e non. Veramente bello sotto ogni aspetto,leggetelo ….
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PaolaS. 21 aprile 2025Straziante
Il racconto della disperata ricerca della maternità da parte della scrittrice è straziante e lo stile di narrazione, asciutto e inframmezzato da pause, rende ancora più tangibile la sofferenza di questa donna che, spesso sola nel portare avanti il suo progetto, non si è mai fermata di fronte a nulla. Nessun giudizio può essere espresso in proposito, soprattutto da chi è madre, più o meno felice, più o meno volutamente: il bisogno, la necessità di maternità sono personalissimi, a maggior ragione in una società dove, ancora oggi, “Non c’è nessuno che ti aiuta a essere una donna ambiziosa e una donna che vuole diventare madre nello stesso tempo.” (pag. 37). La mia valutazione è 3/4 su 5.
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