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Anno edizione:
Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2016
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Premi
2016 - Oscar [Academy Awards] - Miglior attrice - Brie Larson
2016 - Golden Globe - Miglior attrice in un film drammatico - Brie Larson
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Ci troviamo davanti ad un ottimo film che supera il solito cliché di una banale storia di rapimento, scavando nella psiche dei personaggi coinvolti. Una donna costretta a vivere segregata in un capanno, accudisce e cresce il figlio di 5 anni concepito con il suo stesso aguzzino in modo tale da non fargli percepire la presenza del mondo esterno. Il capanno, denominato dalla madre "stanza", costituisce tutto ciò che il figlio percepisce come reale e concreto, mentre la televisione (unico sfizio che il rapitore sembra abbia concesso) rappresenta tutto quello che è fittizio, astratto. Lo stile di vita e le bugie create ad hoc per il figlioletto si interrompono però al compimento del quinto anno di vita del bambino e grazie al suo aiuto riescono finalmente a conquistarsi la libertà. Da questo momento in poi la storia dovrebbe essere tutta in discesa: l'incontro con i genitori, il nuovo nipotino, la speranza di una vita tranquilla come quella che aveva avuto fino al fatidico giorno in cui le è stata strappata la libertà. Tutto questo però non avviene perché iniziano a subentrare una serie di emozioni che bloccano tutto ciò: la paura che il figlio si estranei dal nuovo mondo scoperto; il rimorso che le si insinua nella mente quando le viene fatto notare che avrebbe potuto non far vivere al figlio per 5 anni quello che lei aveva vissuto, semplicemente chiedendo all'aguzzino di abbandonarlo davanti ad un ospedale; il rancore verso i genitori che nel frattempo si sono separati, verso il padre perché non riesce a guardare il nipote frutto delle violenze subite della figlia, verso la madre perché trova un nuovo amante e perché forse, sotto sotto, è stata lei a far si che la figlia venisse catturata. Questi risvolti psicologici che avvolgono in una morsa il cuore della donna danno quel tocco che eleva il film di una spanna in alto rispetto ad altri di questo genere. Ovviamente tutte queste emozioni che si riescono a percepire sono il risultato delle due ottime interpretazioni degli attori principali, la madre in primis, ogni suo sguardo e parola danno la netta sensazione di quello che avrebbe provato una persona in una situazione del genere.
"Room" è stato il piccolo fenomeno cinematografico della scorsa stagione: presentato inizialmente nel circuito dei festival, ha via via preso piede grazie al consenso unanime sia di pubblico che della critica. Il film è intenso, forte e corredato dalle belle interpretazioni di Brie Larson (vincitrice del premio Oscar come Miglior Attrice proprio per questa pellicola) e del piccolo Jacob Tremblay. I due interpretano madre e figlio tenuti prigionieri in una stanza dall'aguzzino di lei, entrambi alle prese non solo col disperato tentativo di fuggire ma anche col bisogno e la necessità di sopravvivere - fisicamente, emotivamente e psicologicamente - a questa situazione. Girato con mezzi limitati ed un budget ridotto "Room" è la prova di quanto il cinema possa essere grande col solo impiego di una bella storia e bravi attori. Consigliato.
Questo film, tratto da un libro best-seller di successo, mi ha colpito in modo sorprendente in chiave assolutamente positiva. Ero convinto erroneamente che il genere fosse un thriller, invece è tutt'altro. Il film racconta il difficile ritorno alla realtà di una ragazza e il suo bambino che per sette anni sono stati rinchiusi da uno psicopatico in una stanza angusta. Il tutto è raccontato attraverso gli occhi innocenti e pieni di immaginazione del piccolo. Il ruolo della madre è interpretato da una magnifica Brie Larson che con questa interpretazione si è aggiudicata un meritato premio Oscar come miglio attrice protagonista.
Recensioni
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