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San Francesco d’Assisi è una delle figure che più hanno ispirato gli artisti: della letteratura con Dante Alighieri che nella sua Commedia egli descrive le “nozze mistiche” del frate con Madonna Povertà; della pittura con Giotto, Caravaggio e tanti altri celebri maestri d’arte, i quali, proprio grazie all’esempio francescano che sottolineava la compassione verso la sofferenza di Cristo, impongono una nuova raffigurazione del Crocifisso ; ed infine del cinema, che basandosi sulla vita del santo hanno prodotto pellicole cinematografiche di grande interesse per gli spettatori del grande e piccolo schermo. Tra i grandi registi che si sono ispirati alla figura di Francesco spicca Liliana Cavani, la quale riprende a distanza di ventitré anni la storia già raccontata nel film televisivo Francesco d’Assisi, sempre da lei diretto nel 1966. Con “Francesco d’Assisi” ella crea un santo che darà origine a molte polemiche sia fra i laici e cattolici che all’interno dello stesso mondo cattolico e ciò fu causato per la particolare visione che la allora giovane regista, alla sua prima esperienza, dà del personaggio: Francesco appare, infatti, come un ribelle che infrange sistematicamente tutti i valori borghesi, dalla famiglia alla ricchezza mettendo a nudo le contraddizioni del suo tempo. Il secondo film della Cavani è molto più curato interpretato da attori di fama, simbolo della grande produzione internazionale e da un punto di vista contenutistico si può notare come l’analisi si sposta da un piano sociale e politico, ad un piano soggettivo ed individuale. Il San Francesco interpretato da Michey Rourke è un uomo per nulla superficiale che medita profondamente sul significato di ogni scelta e di ogni azione, al punto di apparire costantemente immerso nella confusione. Giunge persino ad essere sopraffatto dai frati più dotti in occasione della stesura della regola definitiva, circostanza in cui rinuncia al dialogo con gli altri membri della confraternita, cui non riesce più a comunicare l’alto valore idee e affidandosi soltanto al giudizio di Dio. Come il primo film era profondamente legato alla realtà politica e sociale degli anni caratterizzati dalle proteste e manifestazioni a livello europeo, così Francesco si inserisce perfettamente nella realtà degli anni Ottanta. In un periodo caratterizzato dalla superficialità e del disimpegno, Liliana Cavani propone un modello con cui poter riscoprire l’umanità attraverso il ritorno all’autenticità. Francesco è sofferto, drammatico, gioioso, impaurito, immerso nel dolore del mondo ,ma anche nella grande gioia della ricerca di Dio. Egli è un uomo semplice ed è proprio questa semplicità misteriosa che la Cavani vuole approfondire tenendo più conto dell’uomo che del contesto sociale. La volontà della regista non emerge soltanto dal film in cui si sottolinea l’amore del santo per gli uomini e per la natura, in quanto dono dell’Altissimo, ma dallo stesso titolo “Francesco” che , senza affibbiargli altri titoli religiosi o politici, descrive un uomo come noi.
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