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“Professione reporter” è un film su cui è stato scritto molto e su cui si potrebbe parlare per ore e ore. Intanto per il significato che questa opera, tra le migliori se non la migliore della filmografia di Antonioni, racchiude: un uomo si sostituisce ad un altro uomo defunto fingendosi morto e prendendosi la sua vita sperando che questa sia migliore. Seguiamo così le vicissitudini dell’uomo (un Jack Nicholson in stato di grazia) da un paese all’altro. Ma le cose andranno diversamente e nel finale realizzato con una tecnica cinematografica di altissimo livello (una telecamera esce dalla finestra e dopo essere stata agganciata ad una gru ruota facendo vedere l’interno dell’appartamento) il protagonista, parafrasando Pirandello, si “vedrà vivere” per poi morire. Con “Professione reporter” Antonioni riprende ed approfondisce il discorso sull’ essere e l’apparire intrapreso con “Blow up”, altro titolo di rilievo del regista, realizzando un’opera fondamentale con pochi dialoghi e dove a parlare è soprattutto la forza delle immagini.
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