L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Nel 2009 una piccola opera giapponese vinse l’Oscar come miglior film straniero stupendo i più.Il titolo inglese della pellicola di Yojiro Takita, che in questo caso significa “dipartite” più che “partenze”, non rende giustizia al significato dell’originale giapponese “Okuribito” che vuol dire “colui che invia” e rende quantomeno misterioso e intrigante un film da scegliere di vedere; anche perché sono stati non pochi i problemi per la distribuzione in Europa visto che l’argomento trattato pareva essere poco commerciabile e stranamente stavolta non c’era stata la corsa all’acquisto dei diritti di una pellicola vincitrice dell’Oscar. “Departures” parla di morte, ma in un modo delicato e completamente inaspettato. C’è un’atmosfera lieve in questo film, una delicatezza nell’affrontare un argomento poco popolare ma che riguarda tutti prima o poi, direttamente o indirettamente che sia: la morte non ha più significato di fine ma non viene nemmeno appesantita dalla tragicità religiosa. La tradizione giapponese del “nokanshi”, vestizione e trucco del cadavere di fronte ai parenti, mostra l’armonia di un vero e proprio passaggio rituale che non ha nulla di morboso e viene fatto con gentilezza e metodicità rispettosa del defunto e dei suoi parenti che proprio in questa occasione hanno l’opportunità di essere partecipi dell’ultimo viaggio del caro estinto in un clima che da funereo diventa quasi riappacificante e consolatorio. La bellezza di “Departures” è visiva, grazie alle scene del rito e alle immagini di Daigo che suona il violoncello nelle campagne giapponesi, ma anche narrativa non solo per la capacità di accostarsi con solenne leggerezza al tema del trapasso ma per il modo di alternare momenti ironici e malinconici nella vicenda del protagonista rendendo scorrevole e per nulla scontata la trama che trova negli ultimi minuti un epilogo simbolico. Il cinema orientale, in particolare quello nipponico, ha la capacità di osare portando spesso sugli schermi pellicole molto poco convenzionali e lontane anni luce dalla concezione cinematografica degli occidentali: eppure varrebbe la pena di diffondere la maggior parte di queste opere prima di tutto distribuendole in sala ma anche trasmettendole in televisione per avvicinare il pubblico europeo ad altri stili narrativi e alle tradizioni e ai modi di vivere di altri popoli. In Italia c’è un festival che ogni anno permette di far conoscere agli addetti ai lavori, agli appassionati ma soprattutto ai distributori le opere cinematografiche prodotte in estremo oriente: se nel nostro paese di tanto in tanto si vedono in sala i film asiatici è soprattutto grazie al Far East Film Festival di Udine, la rassegna che nel 2009 premiò “Departures” con l’Audience Award.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore