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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2003
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Lettura davvero molto particolare. Il lettore si trova catapultato senza troppi preamboli nella giornata di un certo Stanislaus Demba, senza avere la più pallida idea di che cosa lo spinga a comportarsi in maniera tanto bizzarra (ma pure cafona). Lo seguiamo mentre si affanna in giro per la città cercando non si sa cosa e suscitando le reazioni di amici e conoscenti. Ma una spiegazione al suo comportamento c'è e la lettura scorre talmente veloce che non tarderemo a scoprirla e a mettere insieme i pezzi della sua storia.
Stanislaus Demba sembra affetto da una forma di schizofrenia paranoide. Vive la sua vita immerso in un'ossessione amorosa ai danni della povera Sonja. Si comporta come se la sua mente fosse mutilata da quei codici comportamentali che semplificano e normalizzano la socializzazione tra simili. Vienna, algida metropoli mitteleuropea, è teatro di una bizzarra e strampalata vicenda nella quale le azioni in apparenza compulsive e illogiche di Demba costituiscono il fulcro o il finto fulcro narrativo di Leo Perutz. La prima metà della storia è un capolavoro di dissimulazione, magistrale gioco di specchi dietro al quale si nasconde il movente, l'origine da cui nasce l'intera ideazione narrativa. E' come trovarsi di fronte ad un quadro coperto da un velo che non ci consente di esaminare appieno e dare un senso compiuto all'intera opera. Tolto il drappo, decriptato il mistero, la mente del lettore viene catapultata in una geniale reinterpretazione del testo appena letto, in una corsa memonica nel dare una risposta alle schizofreniche azioni fino a quel momento compiute dallo strabiliante Stanislaus, ottenendo in questo modo una notevole partecipazione alla visione del mondo dello stesso. Non è mutilata la sua mente, non ha un deficit mentale così grave che non gli consenta di adattarsi alla realtà che lo circonda. No, è semplicemente una costrizione artificiale, manette alle mani, che non gli consentono di misurarsi con gli altri in uno stato di uguaglianza. In questa condizione coatta e in perenne fuga dall'autorità misurerà le sue capacità di sopravvivenza e la sua determinazione nell'ottenere quei soldi che potrebbero garantirgli un futuro, se pur breve(un viaggio), con la recalcitrante Sonja, oggetto di attenzione da parte di un nuovo spasimante, fondamento della lucida follia del protagonista. L'intero impianto e la prosa eccellente consentono a chi si avvicina a questo libro una sola cosa: iniziare a leggere e non fare altro fino all'arrivo dell'ultima pagina.
Vicende rocambolesche, ai limiti della schizofrenia, costituiscono il fulcro di questo piccolo capolavoro. Nelle dodici ore riportate dal titolo, in una tensione altamente palpabile e coinvolgente, Demba, il protagonista sembra compiere azioni illogiche , compulsive che lasciano sorpresi, magari anche impauriti, i personaggi che gli stanno intorno ma, anche e soprattutto, il lettore. Braccato, angosciato Demba si agita nei grovigli della vita e della città, in mezzo alle sue paure e alle sue frustrazioni, consapevole di avere un animo nobile ma di essere un emarginato di quella società viennese del primo Novecento, tutta presa dal culto del soldi e dell’apparenza. Il protagonista, quasi in simbiosi con l’autore, posa il suo sguardo, amaro e ironico sui vari personaggi, sul vanificarsi delle sue azioni e sul dissolversi di ogni certezza: amore, amicizia, individualità. Attraverso un ritmo incalzante e coinvolgente e un impianto narrativo perfetto si giunge ad un finale certamente inaspettato.
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