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Anno edizione: 2010
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Sono cinquantotto le storie che compongono questa raccolta di racconti apparsi, in parte, nell’arco di oltre vent’anni sulle pagine del quotidiano La stampa. I temi affrontati sono quelli cari all’autore asiaghese e cioè la guerra, la montagna e la natura, ma c’è anche la ricerca di qualche cosa di nuovo, onde evitare, inevitabilmente, di ripetersi. Si passa così dalle Storie della prima guerra mondiale, in cui alla fantasia creativa è lasciato poco spazio per dare invece una visione dei fatti sulla base di documenti o della memoria di chi vi partecipò, per affrontare poi in modo più partecipe quelle della seconda guerra mondiale. La differenza fra le prime e le seconde è data dal fatto che Stern è nato nel 1921, quindi a conflitto già concluso, mentre quelle della seconda guerra mondiale sono frutto della sua testimonianza diretta di fatti ed eventi, ripescati dallo scrigno della memoria, con l’aggiunta di interessanti riflessioni. Al riguardo, esemplare è Nel cuore la rabbia del Don, sugli eventi dell’8 settembre 1943, dove l’esperienza diretta (l’autore fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in un lager) si fonde con razionalità con l’aspetto puramente storico, riuscendo così a fornire un quadro esauriente dello stato di incertezza prima e di rabbia dopo dei nostri soldati, abbandonati dal re e da Badoglio alla mercé dell’ex alleato. Ci sono però anche Le storie dell’est, resoconti di viaggi di Stern ritornato nell’Unione Sovietica sui luoghi teatro del suo celeberrimo Il sergente nella neve. In questi ho rilevato che al sentimento di ammirazione per il popolo russo, di cui non si sentì mai nemico, si aggiunge un certo compiacimento per quella realtà post bellica comunista che tuttavia non ritengo frutto di una scelta politica, bensì di un ampliamento della base di ammirazione di cui ho appena accennato. Così ci sono visite ai luoghi di battaglie, commoventi ritorni dove tanto si è sofferto, emozione che l’autore riesce a trasmettere tangibilmente al lettore, ma anche la visita a un collcos, con tanto di festeggiamenti e di pranzo speciale, oppure disamine tecniche di quell’economia i cui risultati sembrerebbero soddisfarlo pienamente. Troviamo, però, anche nuovi orizzonti letterari, che vanno oltre le pur belle Storie dell’Altipiano (stupendo è il ricordo del giorno dei Morti di quando lui era fanciullo), e che sembrano inaugurare un nuovo filone che comunque in seguito non sarà sviluppato. Ed è un peccato, perché i racconti delle Storie dall’Europa, pur svolti con quell’indole volta a privilegiare le radici di un popolo e la natura in cui vive, assumono una veste nuova, una specie di desiderio recondito di andare oltre i confini della propria esperienza diretta per abbracciare realtà diverse, viste con l’occhio e la creatività di un osservatore esterno. Però, Rigoni Stern è uomo che scrive soprattutto della sua vita, con una mano felicissima, con un’indole poetica naturale che fanno assumere alla narrazione un carattere autonomo e del tutto unico, in un giusto equilibrio fra fatti e inventiva. Proprio per questo qualcuno ha lamentato il ripetersi dei suoi argomenti, il riprendere un evento già raccontato per riproporlo in una prospettiva e in una stesura diversa, fermo restando l’immutabilità della storia. Qualche cosa del genere c’è anche in Tra due guerre, ma, pur sovvenendomi di aver già letto di un certo fatto, ho potuto apprezzare la diversa visuale, l’esposizione in altri termini, ritraendone, anziché un fastidio, un ulteriore motivo di compiacimento per la indubbia capacità artistica di questo autore. Tra due guerre è un libro senz’altro da leggere.
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