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Anno edizione: 2017
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Recensione "Il mondo deve sapere" "Perché alla fine ha ragione Stephen King, l'orrore è nel quotidiano, non è nel mostro che viene dallo spazio, è nella tazzina di caffè che non hai bevuto perché ha squillato il telefono" "Il mondo deve sapere", pubblicato dalla Einaudi nella collana Super Et, è una raccolta di articoli scritti su un blog durante il suo lavoro nel Call Center della multinazionale americana Kirby, che produce un aspirapolvere, soprannominata il mostro; se leggete il libro capirete il perché. La Murgia ci racconta di tutte le incongruenze che dicono, cattiverie e lavaggi di cervello che fanno i capi dei call center per farti vendere, di come ti innalzano se vendi molto, ma ti innalzano soprattutto per umiliare le ragazze/i che non hanno raggiunto l'obiettivo giornaliero o settimanale, ma anche di come "ti sotterrano" se non raggiungi un minimo di appuntamenti prefissato da loro. In queste pagine ci parla anche delle strategie di marketing che gli impiegati devono usare a telefono per fissare gli appuntamenti. Forse strategie non è il termine adatto, forse dovrei dire INGANNI DI MARKETING. Un altro tema presente in questo libro è la situazione di precariato in cui versavano i giovani nati negli anni '70, giovani non tutelati, che avevano perso i diritti, in cambio dell'aumento delle retribuzioni. Giovani all'epoca, ma uomini e donne di oggi, che vivono ancora una situazione instabile sul lavoro, e che non hanno sicurezze. La protagonista, la stessa Murgia, è un carattere deciso, forte, inamovibile dalle sue idee, e sveglia. Mi piace tantissimo il suo non lasciarsi trascinare dagli altri, e non lasciarsi fare il lavaggio del cervello dai funzionari del call center. Le altre impiegate del call center sembrano non pensare con la loro testa, si fanno influenzare da ciò che viene detto, e ne soffrono, ne soffrono perché quello che in questo call center veniva detto era violenza psicologica, lavaggio del cervello, e queste ragazze ci cascavano, ci cascavano perché avevano bisogno di soldi, e quello era la loro unica possibilità, era l'unica possibilità che vedevano. I capi e i capigruppo, sono descritti come persone meschine, appunto che inculcano determinate convinzioni nella mente dei loro impiegati, convinzioni sbagliate, che fanno sentire sbagliati i loro impiegati, li fanno sentire inutili, solo perché prendono pochi appuntamenti. Ma il loro valore, e questo non lo capiscono, non sono gli appuntamenti che prendono a telefono con le casalinghe. La Murgia ha una scrittura molto scorrevole, piena di satira, che mi fa morire dalle risate. Per esempio i nomi dei protagonisti di questo libro, non sono i loro veri nomi, ma sono inventati da lei. La Murgia però non dà nomi a caso a queste persone, ma gli da nomi simbolici, in base al carattere della persona, e questa cosa mi è piaciuta tantissimo, anche se non sono riuscita a captare tutti i giochi di parole e i doppi sensi da lei inseriti nel testo. Questo libro mi è piaciuto moltissimo, anche perché io proprio come la Murgia ho lavorato, ora non più, in un call center, e l'ho letto proprio durante periodo. Un po'già sapevo da me quello che fanno nei call center, ma volevo evitare di crederci, soprattutto perché volevo lavorare. Giorno dopo giorno scoprivo delle cose, poi leggendo il libro, ho aperto ancora di più gli occhi. Anche se dove lavoravo io non era ai livelli raccontati dalla Murgia, ho deciso di lasciare questo lavoro, perché è un lavoro, lasciatemelo dire, spregevole, in cui devi ingannare le persone con le quali parli, e va a finire che ci diventi proprio tu ingannatore nella vita. E ciò non dà dignità all'uomo, guadagnare soldi con l'inganno ti distrugge dentro come uomo, come donna. E poi i soldi non sono tutto! Questo è un altro messaggio che ci lascia questo libro. Un messaggio bellissimo. Ovviamente non sto dicendo che disprezzo chi lavora al call center, c'è chi ha bisogno di soldi, e a volte è davvero l'unica cosa che trovano. Non possiamo biasimare queste persone, anche loro devono vivere. Io do la colpa a chi include inganni nelle strategie di marketing, e poi le inculca ai sui dipendenti. Ho amato questo libro, consiglio a tutti di leggerlo, per aprire gli occhi, per approfondire alcuni aspetti di questo lavoro. Voto: 10/10
Il racconto autobiografico delle vicende di Michela Murgia durante un suo periodo lavorativo come telefonista in un call center. Sembra quasi un distopico per il ritratto del mondo del lavoro che ne merge e invece, come molti precari non-più-veramente-giovani sanno, è tutto tremendamente reale. Un libro che si legge in un pomeriggio, ironico e geniale, con qualche riflessione preziosa e incredibilmente attuale sulla vita, sul senso del lavoro e sul work life balance.
Una raccolta di mini-racconti su un ambiente lavorativo, quello dei call-center, che viene descritto in maniera accurata ma leggera. Le parole di Michela Murgia arrivano immediatamente al lettore: parlano di vita quotidiana e di abitudini consolidate di una nota azienda. L'autrice racconta verità sotto gli occhi di tutti, proponendo però un'analisi abbastanza profonda che fa capire la portata dei danni che quelle abitudini lavorative stanno causando dentro e fuori l'azienda. L'intero libro è intriso di un'ironia che lascia ben presto spazio alla tristezza dell'amara verità.
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