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Anno edizione: 2014
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A tratti commovente, è la storia di due donne Assireni ed Eleonora, che vivono in posti così lontani e diversi da sembrare pianeti distinti, ma che alla fine si incontrano come per magia, per aiutarsi e per capire la vita l’una, dall’altra. Storia emozionante di Donne forti e decise a lottare per il proprio destino, entrambe perdono un bambino, episodio che dopo l’iniziale periodo di sofferenza e disperazione, si trasforma in forza di carattere e chiarezza del proprio progetto di vita. Soprattutto per Assireni, che avuta, poi, una bambina, decide di lottare per la sua emancipazione e cocciutamente userà tutte le sua forze per ottenere il risultato. E’ dolce e scritto bene, si legge volentieri , senza troppi colpi di scena, la storia scorre lenta ma è una storia forte. Lettura che consiglio, fa bene allo spirito. Angelo Gavagnin
“Oltre i confini del mondo” è un libro che apparentemente parla di Africa. In realtà, dell’Africa che conosco e dove ho vissuto per più di due anni non c’è molto, se non il delicato accenno alle abitudini culinarie, la velata denuncia di quelle sociali e il considerarla alla fine “casa”, malgrado sia un luogo dove spesso ci si scontra con una realtà di carenze assistenziali oltre la nostra comprensione. Io credo che l’Africa, in questo libro, sia solo un pretesto. Il pretesto per raccontare la storia di due donne che chiunque potrebbe descrivere come profondamente diverse e averle collocate oltre i confini una dell’altra vuol sottolineare che questa diversità sia data solo dal differente luogo di nascita. In realtà, Assireni ed Eleonora hanno molto in comune. Sono due donne che fondamentalmente si sentono parimenti strette nei loro abiti. Quelli di Assireni colorati, tipici della tradizione Masai, quelli di Eleonora da ribelle scolaretta borghese. Due donne la cui vita è stata segnata da una profonda perdita e dal desiderio genetico di scrollarsi di dosso secoli di tradizioni o semplicemente uno stato d’apatia. Non si sarebbero comunque mai incontrate se Eleonora non avesse deciso di mollare tutto e recarsi in un ospedale missionario in Tanzania, per dare un senso alla sua vita. Lo stesso ospedale in cui Assireni ha riversato tutte le sue speranze per garantire alla figlia un futuro migliore del suo, lontana dai villaggi perduti nella savana e dal destino certo di donna succube, non istruita e privata del piacere sessuale. Avendo vissuto in prima persona tutto questo, è stato per me evidente che l’autrice si sia cimentata, in maniera comunque eccellente, nel racconto di una storia inventata ma realistica, trasponendola in un luogo di cui non ha esperienza diretta se non quella nozionistica. Il romanzo è scorrevole, tocca argomenti profondamente coinvolgenti senza però entrarci mai del tutto, sorvolandoli con leggerezza e rapidità. Quello che conta, infatti, non è il contesto ma il racconto della vita delle due donne e della loro riservata amicizia. Il finale appare troncato, ma forse l’intenzione dell’autore è proprio quella di lasciare decidere al lettore la conclusione, o meglio il proseguo, di questa tenera narrazione. In definitiva, un romanzo che consiglio a chi voglia trascorrere qualche ora in compagnia di un buon libro che parli d’Africa, senza però toccarne il lato pietistico o drammatico, ma lanciando uno spiraglio di luce anche lì, oltre i confini del mondo.
“Oltre i confini del mondo” è un libro che apparentemente parla di Africa. In realtà, dell’Africa che conosco e dove ho vissuto per più di due anni non c’è molto, se non il delicato accenno alle abitudini culinarie, la velata denuncia di quelle sociali e il considerarla alla fine “casa”, malgrado sia un luogo dove spesso ci si scontra con una realtà di carenze assistenziali oltre la nostra comprensione. Io credo che l’Africa, in questo libro, sia solo un pretesto. Il pretesto per raccontare la storia di due donne che chiunque potrebbe descrivere come profondamente diverse e averle collocate oltre i confini una dell’altra vuol sottolineare che questa diversità sia data solo dal differente luogo di nascita. In realtà, Assireni ed Eleonora hanno molto in comune. Sono due donne che fondamentalmente si sentono parimenti strette nei loro abiti. Quelli di Assireni colorati, tipici della tradizione Masai, quelli di Eleonora da ribelle scolaretta borghese. Due donne la cui vita è stata segnata da una profonda perdita e dal desiderio genetico di scrollarsi di dosso secoli di tradizioni o semplicemente uno stato d’apatia. Non si sarebbero comunque mai incontrate se Eleonora non avesse deciso di mollare tutto e recarsi in un ospedale missionario in Tanzania, per dare un senso alla sua vita. Lo stesso ospedale in cui Assireni ha riversato tutte le sue speranze per garantire alla figlia un futuro migliore del suo, lontana dai villaggi perduti nella savana e dal destino certo di donna succube, non istruita e privata del piacere sessuale. Avendo vissuto in prima persona tutto questo, è stato per me evidente che l’autrice si sia cimentata, in maniera comunque eccellente, nel racconto di una storia inventata ma realistica, trasponendola in un luogo di cui non ha esperienza diretta se non quella nozionistica. Il romanzo è scorrevole, tocca argomenti profondamente coinvolgenti senza però entrarci mai del tutto, sorvolandoli con leggerezza e rapidità. Quello che conta, infatti, non è il contesto ma il racconto della vita delle due donne e della loro riservata amicizia. Il finale appare troncato, ma forse l’intenzione dell’autore è proprio quella di lasciare decidere al lettore la conclusione, o meglio il proseguo, di questa tenera narrazione. In definitiva, un romanzo che consiglio a chi voglia trascorrere qualche ora in compagnia di un buon libro che parli d’Africa, senza però toccarne il lato pietistico o drammatico, ma lanciando uno spiraglio di luce anche lì, oltre i confini del mondo.
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