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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2021
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Pagina dopo pagina, ho amato e odiato i personaggi tanto sono vividi e reali, mi sono immersa completamente nel loro mondo, al punto che la fine della saga mi ha lasciato quella orribile e meravigliosa sensazione di abbandono, tipica di quando termina un intenso viaggio letterario, sensazione che non sentivo da un bel po'. Nell'ultima avventura di FitzChevalier si tirano le somme: cosa significa davvero essere un bastardo a cui viene preclusa non solo la libertà, ma la vita stessa? Quanto è potente l'Arte e fin dove si può arrivare con essa? Dove diamine è finito Veritas? Quesiti a cui avremo la risposta, ma ovviamente il sadismo di Hobb non ci fornirà ciò che speravamo di ottenere dopo l'odissea attraversata dal povero Fitz nel libro precedente. Il terzo capitolo non è il migliore, anzi, probabilmente è il più debole e sottotono dei tre, causa una narrazione troppo diluita e i tempi morti che se fossero stati tagliati, si sarebbero risparmiate almeno 200 pagine di troppo. Nonostante l'affrettato scioglimento dei nodi narrativi delle varie sottotrame, il finale agrodolce mi ha soddisfatto abbastanza, poiché rappresenta una sorta di ritorno alle origini. In sostanza, Robin Hobb è un'autrice che mi ha rapito grazie al suo stile introspettivo e crudo al punto giusto e alle sue capacità di caratterizzare bene i personaggi, creando l'ennesimo mondo medieval-fantasy in maniera originale, senza eccedere nella violenza gratuita fin troppo ostentata dai nuovi scrittori.
Ho vissuto con la consapevolezza che Il Viaggio dell'Assassino sarebbe stato Il Libro, Il Capolavoro, e invece ora mi ritrovo ad assegnargli solo un misero "buono"... normalmente non sarebbe poco, ma siccome stiamo parlando di QUESTO libro, mi piange il cuore. E' una sofferenza doverlo ammettere, ma l'ultimo volume della trilogia dei Lungavista non è stato per niente all'altezza dei precedenti. La storia narrata dall'intera saga è veramente bella, originale e appassionante. Mi ha trasmesso moltissime emozioni e mi son ritrovata fin troppe volte col fiato sospeso per l'ansia di ciò che stava capitando a Fitz. Tutti i co-protagonisti e i personaggi secondari sono perfettamente caratterizzati ed è impossibile non innamorarsi di Burrich, del Matto, di Umbra, del lupo Occhi-di-notte e di tanti altri! Il problema però è che la trama di questo libro in particolare non è stata così tanto fitta di avvenimenti da giustificare un tomo di 800 e passa pagine! Senza prendere in considerazione gli ultimi capitoli (che mi son sembrati una bruttissima caduta di stile!), mentre leggevo avevo la costante sensazione che la Hobb si fosse data parecchio da fare per allungare la minestra. Che peccato, dovrò riporre le mie speranze nella nuova trilogia dell'Uomo Ambrato...
Con la fine di questo libro si chiude la Trilogia (forse) dei Lungavista che vede Fitz, Bastardo di Corte, affrontare il viaggio che lo porterà verso il suo Re, dato per disperso. Un viaggio tra situazioni che rimetteranno in gioco la sua fede verso l'impresa ultima, e che lo porteranno a prendere coscienza del ruolo che il destino gli ha riservato, fatto di rinunce, sofferenze e 'sentieri' solitari in nome di un bene superiore. Per quanto lo stile di scrittura sia scorrevole, piacevole e senza cali eccessivi, l'autrice avrebbe potuto tagliare qualche centinaio di pagine, senza per questo perdere in intensità: le parti dove non succede nulla, se non riempire le giornate del protagonista, non sono, in fondo, funzionali alla storia che ha uno sviluppo abbastanza semplice; forse l’autrice, in questo modo, voleva farci avvicinare ulteriormente al modo di percepire di Fitz, ma ha avuto a disposizione i due libri precedenti per arrivare a noi. Mettendo da parte queste considerazioni, che non tolgono nulla alla validità dello scritto, c’è da confermare che il romanzo è in grado di tenere vivo l’interesse in tutti i punti della narrazione, grazie al naturale affetto che il nostro Bastardo è in grado di suscitare in chi legge. Questo ragazzo, insomma, ne passa di tutti i colori senza mai – veramente - perdersi d’animo, fino all’epilogo della vicenda, piacevolmente onirica, che riserva una sorpresa, tenuta nascosta nel corso della trilogia.
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