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Recensioni La fine di Chéri

La fine di Chéri di Colette
Recensioni: 4/5

«Quando una donna matura ha una relazione con un ragazzo giovanissimo lei rischia meno di lui. In tutte le storie che lui avrà in seguito, sarà marchiato da quella esperienza e non riuscirà a cancellare il ricordo di quella sua prima amante» (Colette in un’intervista). La dimostrazione di questo teorema ci è offerta dalla Fine di Chéri (1926), seguito duro e amaro di Chéri. La scena si apre nel momento stesso in cui il primo romanzo si chiudeva: «Chéri si richiuse alle spalle il cancello del piccolo giardino e aspirò l’aria della notte: “Come si sta bene...”. Ma si riprese subito: “No, non si sta bene”. Gli ippocastani accalcati gravavano sulla calura prigioniera». Con sconcerto, e una sottile rabbia, Chéri dovrà riconoscere che anche nella vita lui non sta poi così bene. Giunto all’acme della sua esistenza di ‘bello’ dinanzi a cui le donne, giovani o mature, si inchinano, Chéri percepisce una vaga inquietudine: «Non distingueva i punti precisi in cui il tempo, con tocchi impercettibili, segna su un bel viso l’ora della perfezione e poi quella di una bellezza più evidente, che annuncia già la maestà di un declino». E quel declino maestoso vivremo in questo libro, dove la punta avvelenata della storia di Chéri emerge con fredda chiarezza, come la canna di una pistola, dalla prosa avvolgente, atmosferica, precisa di Colette.

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