Prima di essere decifrati da Champollion, i geroglifici egiziani vennero interpretati – in una lunga e grandiosa linea di pensiero che va dalla tarda antichita` al diciassettesimo secolo, da Plotino ad Athanasius Kircher – come una lingua non discorsiva, segreta e rivelatrice, fatta solo di immagini. Sir Thomas Browne (1605-1682) pose in atto questa concezione in tutta la sua opera di erudito e sommo prosatore – opera discreta, elusiva, difficilmente classificabile; fondata su di una cultura composita, stratificata e ormai remota; scritta in una lingua coperta dalla patina del tempo, in cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale. Un'opera che si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse. Alcuni degli elementi che sono delicatamente congiunti in quelle pagine, in un equilibrio ricco e precario, non si sono mai piu` ritrovati in cosi` stretto contatto. In Browne la medicina e la teologia, l'erudizione antiquaria, la scienza naturale e il simbolismo ermetico si compongono in un solo discorso dalle molteplici e divergenti articolazioni. Il tempo, che ha rivelato sempre piu` lo splendore della sua prosa, ha anche confuso i tratti di quel discorso, ne ha offuscato i diversi significati. In quegli scritti alcune parole sono creste di continenti sommersi, sicche´ la perlustrazione delle topografie nascoste dovrebbe precedere ogni giudizio sull'opera. Una traccia puo` esser data dalla parola «geroglifico». )
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