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Anno edizione: 2016
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Il nocciolo della questione che si pone l'autore è auspicare un mantenimento del parlamentarismo oppure demandare molti poteri anche legislativi al potere esecutivo. L'autore propende per la prima soluzione, infatti sottolinea subito come l'antiparlamentarismo non è nato oggi ma già nella metà dell'800. All'epoca, sottolinea l'autore, venivano rimproverate molte disfunzioni come 'il carattere falsamente democratico, che nascondeva solo i giochi di una classe politica orientata al proprio profitto, l'incomprensibilità della dialettica interna, la lentezza del processo decisionale, il prevalere degli interessi particolaristici territoriali e sociali e l'eccessiva debolezza rispetto alle pressioni della società civile oltre alla tendenza alla corruzione'. Secondo l'autore la vena presidenzialista e accentratrice dei poteri nell'esecutivo già presente nella società anche dopo la sconfitta bellica del fascismo è stata inclusa nell'ideologia della P2 di Gelli che a sua volta è entrata pervasivamente nella società. La teoria è avvincente anche alla luce della lettura dei documenti programmatici della P2 ma sembra un pochino limitativa. Ritengo invece che la 'lotta' tra parlamentarismo e autoritarismo sia insita proprio nei diversi sistemi di potere possibili. Ritengo pertanto forzata l'idea che l'ideologia della P2 sia stata incarnata storicamente sebbene in maniera più o meno parziale prima da Craxi, poi da Renzi passando da Berlusconi. Tuttavia l'analisi del ruolo del partito toscano e quindi anche del ruolo che la P2 svolge nella società italiano fino alla metà degli anni '80 è altamente illuminante soprattutto alla luce dei partiti settentrionali e quello romano impersonificato da Andreotti.
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