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La lunga marcia della transizione che si era aperta con la caduta del fascismo e che si chiuse, almeno nella sua prima e più drammatica fase, con le elezioni del 2 giugno 1946 rappresentò una complessa stagione di sconvolgimenti e speranze, di paure e incertezze, attraversata da una forte richiesta di cambiamenti, quale forse mai il paese aveva espresso nella sua storia recente.Pochi periodi come questo sono stati oggetto di tanti studi minuziosi, che non hanno però sciolto interamente i molti nodi problematici che lo caratterizzano. D'altro canto, negli ultimi tempi, l'interesse per quel passaggio della nostra storia ha conosciuto una crescita addirittura febbrile. È il nostro presente a rinviare sempre più esplicitamente a quelle radici: la guerra perduta, la caduta del fascismo, la guerra civile, l'incerto e contrastato cammino verso la democrazia, le «attese deluse», l'affermazione del nuovo sistema dei partiti, l'impostazione dei nuovi assetti istituzionali ritornano oggi ad essere oggetto vivo di riflessione e discussione, e non solo per qualche superficiale simmetria. Risulta evidente che l'epoca che si sta chiudendo aveva avuto lì, nel bene e nel male, i propri fondamenti.Questa ricerca, che si appoggia su una lettura storico-critica dei Verbali del Consiglio dei ministri da Badoglio a De Gasperi, utilizza per la prima volta in modo sistematico una documentazione essenziale per comprendere un periodo durante il quale, in assenza delle assemblee parlamentari, l'intera attività legislativa si concentrò nell'organo di governo. Il risultato è una ricostruzione dall'interno di un processo che unì attraverso leggi, provvedimenti, decisioni e rinvii, la fine di un sistema politico e la formazione di un nuovo scenario.
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