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"Bouncer" è un drammone alla Jodorowsky, solo incidentalmente ambientato nel West: potrebbe benissimo svolgersi in un'altra epoca, in un altro luogo, perché non ha proprio niente di "storico", ed è invece infarcito degli stilemi pazzerelli a cui il cileno ci ha abituati per bene, in ragione dei quali Jodorowsky piega costantemente lo scenario per i propri scopi. Il protagonista è il bouncer (cioè il “buttafuori") del saloon Infierno di Barro City, noto semplicemente, appunto, con il nome "Bouncer". Privo di un braccio, ma non per questo meno letale con una pistola in mano (e anche la lingua sa essere parecchio affilata), ha a che fare tutti i giorni non solo con i problemi che riguardano il saloon dove lavora, ma anche con quelli della disgraziatissima città in cui vive, dove si vedono tipi e situazioni di tutti i colori (letteralmente): fallita la giustizia "legale" delle autorità cittadine, infatti, è a lui che la gente si rivolge per risolvere le proprie beghe. Dicevo, gli stilemi di Jodorowsky: ultraviolenza, personaggi assurdi (un boia che nel tempo libero si diverte con il sado-maso, o un tizio che se ne va in giro con un'accetta conficcata nella testa – Axe-Head, un nome, una garanzia –, sono solo alcuni esempi della "varia" umanità che anima queste pagine), situazioni al limite del grottesco. Rispetto ad altri suoi fumetti (ma in generale ad altre sue opere: basti pensare a El Topo), qui si trattiene parecchio, ma questo non vuol dire che la sua sia una narrazione propriamente "canonica". "Bouncer" è diviso in tre cicli. In questo secondo ciclo di episodi (gli album francesi 6-7), una ricchissima vedova sta acquistando i terreni della regione a prezzi stracciati, e la di lei sorella chiede al nostro di fermarla. Insorgono però questioni "di cuore", dal momento che Bouncer si innamora... di entrambe. E' una gran delusione, specialmente se confrontato alla prima “stagione”: la narrazione è parecchio moscia e poco ispirata, e la soluzione del mistero, per quanto abbastanza originale, lascia alquanto indispettiti. Anche i disegni di Boucq, strepitosi in precedenza - anche grazie a chine particolarmente caricate, davvero efficaci -, mi sono parsi qui meno incisivi, pur essendo sempre piuttosto gradevoli. Certe trovate (come il personaggio di Axe-Head) riescono comunque a mantenere un pochino piacevole la narrazione, con la loro grettezza. Peccato, perché volendo Jodorowsky poteva chiudere tutto in maniera incredibile con il quinto tomo del primo ciclo - in cui tutti i nodi vengono al pettine -, che ha il sapore di un vero finale, invece di "rovinare" parzialmente la serie con questi due album, assolutamente superflui. L’edizione della Magic Press è buona, per quanto il formato non sia il massimo per godere dei disegni di Boucq. Va inoltre riscontrato un “peggioramento” del rapporto qualità/prezzo rispetto al primo volume, che conteneva molti più episodi e che aveva, in proporzione, un costo più contenuto.
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