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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2016
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“Inseparabili” sviluppa e approfondisce alcuni temi che erano già stati affrontati in “Persecuzione”. Se nel primo romanzo avevamo visto la netta contrapposizione tra il personaggio di Leo e quello di Rachel, come i due stereotipi di ebreo, uno sottomesso e rassegnato, l’altra aggressiva e risoluta, qui la contrapposizione è tutta tra i due fratelli, cresciuti nell’illusoria convinzione di essere inseparabili, proprio come i pappagallini che non possono sopravvivere l’uno senza l’altro. Ed è proprio l’essere cresciuti con l’angoscioso ricordo del padre che finì i suoi giorni chiuso nel seminterrato della casa, senza che nessuno della famiglia avesse fatto un passo significativo per dargli conforto, che accentua ed esaspera quelli che erano stati accennati come i limiti caratteriali dei due fratelli. Essi appaiono come due poli opposti, che si respingono e si attraggono: se Filippo, con la sua dislessia, trova grandi difficoltà nello studio, Samuel apprende con rapidità e profitto; se Filippo sviluppa un fisico robusto e un’attività sessuale intensa e soddisfacente, Samuel è più delicato e la sua insicurezza è la causa dei suoi complicati e anomali rapporti sessuali. Il successo di Filippo arriva solo quando ha la possibilità di dare sfogo al suo estro creativo, mentre il fallimento di Samuel deriva proprio dall’unica volta in cui ha preso decisioni autonome. I due fratelli sono come due entità antitetiche, Caino e Abele, come lo stesso Samuel accenna nel drammatico scontro finale chiarificatore con il fratello. E quello che è più terribile è che di tutto il dramma interiore che distrugge il rapporto tra i due fratelli è testimone e responsabile la madre, che ha sempre represso quei rari momenti di compassione e pietà da cui pure era stata talvolta toccata. L’appartenenza al mondo ebraico è nei romanzi di Piperno di assoluta importanza: lo scontro tra i fratelli, non a caso, si basa anche sull’indignazione sorta in Samuel, nel sentire Filippo accennare, nel suo discorso alla Bocconi, alla strage dei bambini compiuta dalla Royal Air Force a Dresda, senza un minimo accenno alle morti di Auschwitz. Qui il discorso si fa molto complesso: certamente quello della funzione della memoria è un argomento assai caro a Piperno: nel bellissimo saggio su Proust intitolato “Contro la memoria”, si dilunga su questo punto. Anche in questo romanzo accenna all’oblio come mezzo per raggiungere la serenità e alla memoria come causa di sofferenza. Certamente la visione del mondo di Piperno , così come ci giunge attraverso i suoi romanzi, è assai inquietante, nel suo realismo spietato: qui l’opposizione tra l’uomo e il mondo, l’uomo e la società è conflittuale al punto che anche i sentimenti più naturali e spontanei di cui l’individuo ha bisogno per vivere, come l’amore e l’amicizia vengono annullati nella cinica rete di rapporti in cui si trova imprigionato.
Mamma mia...... Ma chi li assegna i Premi Strega??? cioè, li leggono almeno i libri, prima?? Solo perché Piperno usa vocaboli molte volte ricercati e poco comuni non significa che il libro sia degno di cotanta acclamazione. Una storia che non c'è, una trama inesistente, personaggi odiosi e senza uno sviluppo: avevo letto Persecuzione ed ero rimasta un pò più entusiasta, ma questo c'è voluta tutta per finirlo!!! che strazio!!!!
Poteva essere un buon libro perchè la trama aveva degli spunti interessanti: due fratelli così diversi ma molto legati che avranno un destino inaspettato, una brutta vicenda familiare, l’ascesa e il fallimento, l’identità religiosa. Nonostante le premesse, il libro non mi è piaciuto per niente. La storia è un’insieme di luoghi comuni con personaggi che suscitano un’antipatia davvero da primato: sono tutti nevrotici con atteggiamenti incomprensibili e assurdamente irrazionali. Devono essere proprio tutti così ricchi e pieni di successo ma allo stesso tempo psicopatici? Uno “normale” (cioè non ricco di soldi e opportunità fantastiche ma con un atteggiamento equilibrato verso gli altri) non esiste in questo libro? L’espediente dello scrittore onnisciente che si rivolge al lettore è poi la mazzata finale: davvero lo si poteva evitare. Che dire di più se non che lo sconsiglio vivamente e che non capisco come possa aver vinto il premio Strega.
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