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Alfonso Cepparulo, a mio parere, rinnova una tradizione di grande poesia atea che aveva avuto in Lucrezio Caro il suo padre nobile con "De rerum natura". Egli sta rendendo in termini moderni quei sentimenti esistenziali che negando la trascendenza riconducono l'uomo alla sua dimensione terrena, la unica possibile. Nel contempo l'immanenza terrena è travalicata in un sentimento panico che la conferma e la valorizza come la culla in cui abbiamo avuto accesso alla vita e a cui ritorniamo. Un ritorno totale per chi è materialista radicale, un ritorno non globale per chi è postmaterialista come me e pensa che una sonata di Mozart non sia solo aria che vibra, un quadro di Vermeer non soltanto tela, olio di lino e pigmenti, una poesia di Leopardi non solamente carta e inchiostro Leopardi. Secondo me c'è qualcosa che eccede la materia, qualcosa che le è irriducibile che quando sorge spalanca degli orizzonti che travalicano la morte. Per chi non è religioso la sfera della arte, della poesia e della musica è ciò che compensa quella sofferenza che ci attanaglia ma che nello stesso tempo ci fa evolvere. Se si ha fortuna e la sofferenza non ci ha annientati si apre, almeno per i più fortunati, un nuovo orizzonte tutto da scoprire, mistificato dalla religione o occultato per impedirci di accedere propinando i suoi simulacri ideologici. Cepparulo ci aiuta a scoprire questo nuovo orizzonte con la sua poesia. La poesia è sempre un "oltre la morte"! Lo è per tutte le persone sensibili alle cose semplici che la natura ci offre: un germoglio che si apre o il volo frullante di una cinciallegra. Carlo Tamagnone, Torino
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