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Oggetto di questo libro non è soltanto la vicenda complicata e controversa della relazione di pittura e fotografia come raffronto di due mondi, uno mentale e uno meccanico, di rappresentazione della realtà visibile: l’uno e l’altro hanno avuto un loro percorso e la loro direzione contraria – verso il successo universale la fotografia, verso l’esaurimento la pittura – non ha impedito che vi fossero tangenze e interferenze. Al di là di questo limite il problema si è esteso fino a coinvolgere quello della condizione e della sopravvivenza stessa dell’arte in una cultura dell’informazione o di massa, che esclude il valore e il giudizio come remore al consumo. De Paz ha diramato la ricerca in un’area che abbraccia la quasi totalità dei fenomeni artistici dalla metà del secolo scorso alla metà del nostro: la fotografia non solo riproponeva in termini nuovi il dualismo dell’oggettivo e del soggettivo, anche il più metafisico dei simbolisti dovette reagire, magari con gesti di repulsione e di scongiuro, alla sua ingombrante, condizionante, irremovibile presenza.
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