Contiene saggi di O. Bivort, L. Crescenzi, M. DiBattista, R. Donnarumma, R. Luperini, E Mariotti, P. Pellini, D. Rizzi, F. Ruggieri, P. Tanganelli.
Le specificità delle varie culture nazionali hanno avuto una indiscutibile rilevanza nelle diverse interpretazioni di questa categoria che è insieme critica e storiografica e dunque richiede una attenzione complessa e multiprospettica. Se nella cultura anglosassone essa è già affermata da tempo, in quella francese è più recente e controversa. E si capisce: se in Inghilterra negli anni che vanno dagli inizi del Novecento alla fine degli anni trenta è ben visibile uno spazio sufficientemente omogeneo, anche se solcato da poetiche diverse, di forte innovazione letteraria, in Francia il panorama è meno netto, più sfrangiato e contraddittorio. Secondo alcuni francesisti già dopo il 1848, in Flaubert e in Baudelaire (e persino, si aggiunge, in Zola) ci sarebbe in nuce una forma precisa di «modernismo». Anche per la situazione russa l’uso del termine risulta problematico, come vedremo, seppure per ragioni opposte (proprie di una cultura «arretrata», mentre quella francese appare ovviamente «avanzata»), perché qui, nel primo Novecento, e negli stessi anni, tendenze simboliste e decadenti (dunque, «ottocentesche»), eppure per quel paese fortemente innovative, ne fronteggiano altre di tipo avanguardistico e futuristico (si veda a questo proposito, in questi atti, la relazione di Daniela Rizzi). Minori problemi, anche stando ai risultati emergenti dalle relazioni di questo Colloquio, offrono invece la letteratura inglese, tedesca, ispanica e italiana, dove la categoria critica di «modernismo» è ormai di uso comune per indicare la cultura letteraria prevalente nei primi decenni del Novecento…»
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