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Anno edizione: 2009
Anno edizione: 2012
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Sono cosciente che con questa affermazione mi attirerò le antipatie di gran parte degli italiani, che amano la lettura e (forse soprattutto – più facile, no?) la visione televisiva delle avventure del commissario Montalbano, ma a me la lettura dei gialli di Camilleri non entusiasma. Troppa fatica dover decifrare un linguaggio poco comprensibile per la lettura di un semplice giallo… rinuncio, grazie. Ma un raffinato amico siciliano mi ha incitata a non rinunciare alla lettura di un Camilleri diverso, orfano di Montalbano e ricco di diversa ispirazione: “Leggi la trilogia!” mi disse. Il Sonaglio è appunto il titolo che chiude la cosiddetta “Trilogia delle metamorfosi”, in cui Camilleri si dimostra uno scrittore sensibile e fantasioso. Finanche poetico, in diversi passaggi. È un vero piacere la lettura della favola amara di Giurlà, piccolo schiavo pastore che vive l’amore per la sua capra Beba vedendola donna e che si innamorerà in seguito di una donna vera, la giovane Anita. L’amore fra i due creerà una serie di difficoltà al nostro Giurlà e porterà la storia verso una svolta inaspettata. Il racconto nel complesso è estremamente gradevole e fa dimenticare la fatica della lettura, trasformando il linguaggio che Camilleri utilizza nell’unico col quale questa favola amara poteva essere scritta.
E' sorprendente come Camilleri riesca a bilanciare la frequenza delle pubblicazioni con la qualità dei contenuti. "Il sonaglio" rappresenta una chiusura in straordiaria bellezza della trilogia sulle metamorfosi. Lucrezio affermò "semper aliquid novi" e Camilleri impasta abilmente senso di pietas, eros e destino. La chicca della strizzatina d'occhio ai suoi fedelissimi (il nome Beba, come la miglie di Mimì Augello nelle vicende di Montalbano) è una raffinatezza! Una prova di grande maturità ed il rammarico di terminare troppo presto la lettura!
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