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Anno edizione: 2019
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La guerra, il tradimento, la prova, sono questi i temi del romanzo, temi cari a Molesini e già presenti in Non tutti i bastardi sono di Vienna. Una lingua limpida, potente, accompagna la drammatica storia di guerra e resistenza, di giustizia e di morte.
«Anche in quest'ultimo romanzo Andrea Molesini non smentisce la caratteristica più propria del suo narrare: una fedeltà a temi, motivi, luoghi e personaggi che si riaffacciano però sempre sotto forme differenti, dando vita a nuove interrogazioni» - Ermanno Paccagnini, La Lettura
Si svolge fra il 1943 e il 1945 il nuovo romanzo di Andrea Molesini, con digressioni nel passato prossimo e incursioni in avanti, sparse qua e là. Un romanzo di formazione ambientato in quell’arcipelago incantato che è la laguna di Venezia, dove fra i canneti, le acque buie dei canali, le paludi d’acqua salata e fango, si muovono vincitori e vinti. Protagonista e narratore è il tredicenne Guido, colto negli anni della presa di coscienza. Guido vive nella laguna con il padre, il «comandante», un ufficiale della Regia Marina che ha lavorato nel Servizio informazioni e sicurezza ma che poi è caduto in disgrazia perché legato a Dino Grandi. Dopo l’8 settembre il comandante si ritrova a capo di un gruppo che riunisce antifascisti, contrabbandieri, sbandati, partigiani, guidato da una vecchia zingara autorevole e autoritaria. Si chiama Sussurro perché «sa le cose prima che succedano», da bambina è sopravvissuta a una strage in Montenegro contro la comunità di zingari. Il gruppo si sposta tra le isolette della laguna dove neanche i tedeschi osano addentrarsi, fanno azioni di sabotaggio, di resistenza, di contrabbando. Guido, che da pochi mesi ha perso la madre, ha stretto amicizia con un compagno di classe, il pluriripetente Scola, che però sa remare, pescare e la laguna la conosce bene. I due diventano davvero amici: Guido in barca legge ad alta voce Guerra e pace, Scola gli insegna la vita. I due ragazzi vengono utilizzati anche come staffette per portare messaggi tra un’isola e l’altra. Poi alcuni del gruppo vengono fermati e il sospetto di un traditore si fa certezza quando gli arresti si ripetono. L’implacabile giustizia dei giorni di guerra farà il suo corso, e solo il tempo restituirà la verità. La guerra, il tradimento, la prova, sono questi i temi del romanzo, temi cari a Molesini e già presenti in Non tutti i bastardi sono di Vienna. Una lingua limpida, potente, accompagna la drammatica storia di guerra e resistenza, di giustizia e di morte. L’Autore ha una grazia speciale nel raccontare l’età più incerta, quella in cui a volte a forza si diventa uomini. Personaggi di spessore fanno da cornice alla vicenda: Tobia, il nostromo; Maria, la ragazza somala che è rientrata in Italia con la famiglia del comandante; Don Rino; la spregiudicata contessa; il maestro Gorlato, antifascista internato in Germania.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Strano titolo quello dell’ultimo romanzo di Andrea Molesini, talmente strano che mentre leggevo ogni tanto mi chiedevo il significato. Giunto al termine del libro l’autore veneziano ha soddisfatto la mia curiosità in una Nota al testo e così ho appreso che quel Dove un’ombra sconsolata mi cerca è la traduzione di un verso della poetessa russa Anna Achmatova, che aggiunge:” Ogni tentativo di presentare le proprie memorie in forma coerente equivale a un falso. Nessuna memoria umana è predisposta in modo da ricordare tutto in una sequenza continua.”. In questo modo si spiega la struttura dell’opera che alterna capitoli di epoche non successive, ma salta da un periodo antecedente la seguente guerra mondiale ad anni assai più recenti, per tornare poi a quelli drammatici del secondo conflitto, proprio di chi, giunto a una certa età, cerca di riordinare i suoi ricordi che affiorano a sprazzi e quasi mai in un preciso e continuo ordine temporale. Ciò premesso devo dire che Andrea Molesini mostra una spiccata preferenza per quelle trame che hanno come palcoscenico la laguna della sua Venezia nel corso di una guerra e con protagonista principale non tanto un uomo adulto, quanto un bambino, al più un adolescente. Naviga sempre bene in questo schema che gli è congeniale e lo fa con mano sicura, inserendo sempre una punta di suspense che non può che giovare a una narrazione già di per sé interessante. In questa sua ultima opera troviamo così la vicenda di Guido, un bambino veneziano, figlio di un ufficiale della Regia Marina che in effetti è un agente segreto e che si fa chiamare Comandante, un uomo pragmatico, che si diletta a costruire mappamondi, e che è abituato a prendere decisioni, anche drammatiche, portato più per le materie scientifiche che per quelle letterarie, a differenza della moglie, che vede il mondo attraverso una lente poetica che la porta, per esempio, a chiamare i fiocchi di neve “farfalle fredde”. Se i ricordi degli anni del fascismo ante guerra sono tutto sommato sporadici, molto più frequenti sono quelli del periodo bellico, in special modo dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945; il motivo è che il padre di Guido e Guido stesso, rimasti rispettivamente vedovo e orfano, sono membri attivi della Resistenza, anzi il Comandante ne è il capo in Laguna. Non c’è miglior occasione dei pericoli di una guerra e dentro essa di un conflitto civile per accelerare la crescita di un ragazzino; e infatti Guido in quel non lungo lasso di tempo sboccerà all’età adulta, conoscendo l’amore, le angosce di chi si sente braccato, il dramma di un’amicizia che verrà interrotta da un’esecuzione. Intorno a lui si agitano altri personaggi, tutti ben definiti, quali il nostromo Tobia, la vecchia e saggia zingara Sussurro, la bella nera Maria, il sacerdote tabagista don Rino, la desiderabile Francesca, il maestro Gorlato, la domestica Concetta con le sue Ave Marie, l’equivoca Madame la Petasse, il maggiore tedesco Werner che sta con i partigiani perché consapevole dell’imminente fine del Terzo Reich, il Comandante stesso, ma soprattutto Scola, il grande amico la cui tragica fine inciderà sulla sua vita per sempre. Questo è indubbiamente un romanzo di formazione, ma non solo, perché è anche un’opera in cui l’autore pone a confronto la bellezza della natura con la follia degli uomini, il peso del potere che a volte costringe a prendere decisioni ingiuste, ma necessarie, i conflitti che possono nascere fra padre e figlio e che diventano talora insormontabili, il tradimento, subdolo e inspiegabile, insomma un insieme di situazioni, di stati d’animo, dipinti con rara maestria sullo sfondo di una laguna che è insieme rifugio e fonte delle nostre paure. E’ leggera la mano di Molesini, anzi direi meglio leggiadra, visto che non è infrequente l’innesto di una vena poetica in quello che, secondo me, è il più bel romanzo scritto dall’autore, tanto da consigliarne vivamente la lettura.
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